La crisi e i suoi rimedi linea politica seguita dai socialisti dopo il 1968, rion ci convincono. Così come non ci convincono, ovviamente, i giudizi sui repubblicani. C'è, infatti, a nostro giudizio, una sottovalutazione degli argomenti sui quali noi abbiamo niesso l'accento non solo nell'articolo firmato del numero di gen11aio, ma anche nell'editoriale che si legge in questo stesso numero di febbraio: con particolare riguardo ai co11traccolpi di destra provocati da u11a politica di cen.tro-sinistra che non ha ubbidito a itn disegno globale e coerente, non ha assicurato la continuità dello svil'uppo e no11 si è preoccupata della legalità repubblicana. Resta da vedere se siamo noi a sopravvalutare il pericolo di questi contraccolpi o altri a sottovalutarli. E resta soprattutto la questione del disegno globale e coerente da impostare e da segitire. Ma quello che ci convince - ed è importante e promettente che ci convinca - è il tono pacato del contributo di Labriola: che corrisponde pienamente al tono pacato cui noi stessi avevamo cercato di attenerci nella critica ai comporta,nenti socialis 1 ti: preoccupati con1e siamo di contenere questa critica nei confini del rispetto che si deve a forze politiche con le quali si è collaborato e insieme alle quali si spera di continuare a combattere battaglie comun.i per la democrazia, il sito consolidamento, la sua crescita, nella sicurezza internazionale ed istititzionale, 11ella continuità di uno sviluppo economico e sociale, che ha subìto in qu.esti ultimi quattro anni itna preoccupante battuta di arresto, ma che è stata negli ultimi due decenni più rilevante di quanto 1nai non lo sia stata nei precedenti decenni della storia unitaria del nostro paese. Lasciamo quindi alle spalle le aspre polemiche dei 1nesi scorsi e ripensiamo - come anche Labriola ci esorta a fare - la politica delle riforme in connessione con la politica di sviluppo civile della nostra società inditstriale (e tuttavia «dualistica»). Abbiamo d'ato qualche contribitto a questo ripensamento e interlocutori volgari ne hanno dedotto che non vogliamo le riforme. Labriola non è un interlocutore volgare e sembra preoccupato, come noi lo siamo, delle riforn1e che restano sulla carta e non si traducono sul terreno. Perché questa comune preoccitpazione? È una questione di accumulazione, di risorse, di risanamento fLJianziario-, di investimenti programmatici. Segniamo perciò all'attivo del bilancio politico di questo difficile febbraio il fatto che la « ipotesi ragionata» per l'economia del 1972, preparata da Giolitti, è. tale da confern1are l'esigenza che i repubblicani cercano di far valere: l'esigenza di scelte severe, rigorose, forse anche impopolari. Ma comu11que necessarie: anche e soprattutto ai fini di una capacità di riformare che non dev'essere lasciata scadere a mera velleità di riformare. F. C. 49 Bibii·otecaginobianco
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