Nord e Sud - anno XIX - n. 146 - febbraio 1972

Luigi Con1pagna Si diffuse comunque l'opinione che 1~ regola della « maggioranza » potesse senz'altro ann11llare l'esigenza della leadership; e, assimilando l'identica forzatura e sopravvalutazione del momento giuridico-formale, si ritenne che le diverse teorie delle élites altro nor1 fassero che armi pericolose delle quali reazionari o rivoluzionari si servono per portare guerra alla democrazia. Laddove Norberto Bobbio ha potuto invece affermare che « la teoria delle élites, combattendo una concezione mitica della democrazia, ha avuto la funzione di condurci a elaborare una teoria più realistica della democrazia ». In questo senso, il voler persistere su una nozione così inafferrabile, e per quel che se ne poteva afferrare così ambigua, della democrazia come governo del popolo, o magari dell'opinione pubblica, portò inevitabilmente ad una sempre più palese contraddizione tra la teoria e la pratica. Fin dall'origine, infatti, la democrazia ha sentito il bisogno, per così dire funzionale, di una forte autorità politica, in grado di riassumerne la complessità e di non mortificarne l'articolazione, perché, come diceva Hamilto11, « il vigore dell'esecutivo è un elemento capitale nella definizione di ciò che è u.n buon governo », ed « il mezzo per preservare la libertà non consiste nell'indebolire l'esecutivo, ma ne] rafforzare il potere residuo del popolo contro l'esecutivo ». Quando si affida alla massa la sovranità politica, si rischia fatalmente la dispersione degli obiettivi e delle decisioni, a meno che non si formi contemporaneamente una leadership atta a compensare gli effetti centrifughi dell'allargamento delle responsabilità politiche; l'esperienza storica delle grandi democrazie dimostra esaurientemente come sia stato loro possibile sir1tetizzare politicamente energie ed aspirazioni ideali solo nella misura ir1cui autorevoli classi dirigenti hanno saputo adeguatamente assumere la leadership delle varie tendenze popolari, tenendo conto di tutte e non facendosi condizionare da alcuna in particolare. Gladstone, Lloyd George, Churchill, Wilson e Roosevelt sono stati dei grandi leaders democratici; la loro autorità non era, come nel noto schema weberiano, quella « tradizionale » della tribù, o quella « razionale » della burocrazia, o quella << carismatica » del sortilegio collettivo: era, più semplicemente ma più realisticamente, la capacità di ottenere un appoggio condizionato per formare una maggioranza temporanea e limitata, che rappresentasse, nei fatti e nelle deliberazioni, il giusto equilibrio tra le forze di sostegno e le decisioni politiche. 38 Bibiiotecaginobianco

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