Alfonso Sterpellone spazio per il dissenso, per l'obiezione. E, ir1: ogni .caso, il « centralismo democratico » conferma l'irrevocabilità delle « decisioni di vertice », l'obbligo del loro rispetto, se non a rischio dell'imputazione per presunti « reati ideologici », che gli organi di sicurezza sono pronti a rubricare come presunti reati co11tro lo Stato. No11 è inconsistente - in tale quadro - la repressione attuata in Croazia dallo scorso dicembre, e che il CC della LCJ repubblicana (20 gennaio 1972) fissava in 255 funzionari di partito dimissionari, in altri 143 esonerati dagli incarichi, in 357 comunisti espulsi dalle organizzazioni partitiche; vi si devono aggiungere i non comunisti arrestati e in attesa di giudizio penale: il loro numero non è conosciuto; ed è difficile accertare l'effettivo carattere dei reati, definirne le caratteristiche in senso politico o extra-politico, dov'è bandito il diritto d'espressione di tesi non sostenute dall'unico effettivo centro d'ogni potere. Ciò anche se alla LCJ si contesta il ruolo, svolto fino alle riforme recenti, di « strumento assoluto delpotere », per confidarle quello - rilevato alla seconda conferenza dal serbo Marko Nil<ezic - di « fattore portante » dell'ideologia, sì che ]e « strutture statali e l'autogestione » restino interamente responsabili dello sviluppo economico e sociale del paese, « nell'assoluto rispetto dell'eguaglianza delle nazionalità e dell'esercizio dei diritti ». Contro lo « Stato centralista », dunque. Ma risulta ser.opre più difficile stabilire una « piattaforma » dottrinaria e d'azione valida per tutte le componenti dello Stato federale jugoslavo. La crisi croata ha posto in luce soltanto alcune caratteristiche del travaglio ideologico e socio-economico. che è proprio. di altri popoli, di altri gruppi etnici jugoslavi. Lo jugo-n1arxismo di Tito è contrapposto alle altre interpretazioni - specialmente alla sovietica e alla cinese - della dottrina comunista, e subisce, in conseguenza della crisi croata, una delle sue prove maggiormente impegnative. In conseguenza delle repressioni armate dell'URSS in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia (1968), la J11goslavia non ha potuto estendere le proprie concezioni riformistiche e le proprie tesi distintive (in1postate sul concetto delle « vie nazionali » al comunismo) ad altri Stati est-europei; la prevalenza degli interessi individuali e le diversità di collocazione geografica e politica hanno impedito alla Jugoslavia di sviluppare - nonostante ogni tenace impegno - la politica detta del « non allineamento ». Il regime di Belgrado è isolato nel quadro inter-comt1nista (pur se ciò non significa che le sue teorie non siano diff1.1sein sempre più vasti ambienti dei PC esteuropei). Ma le pressioni s11i gruppi nazionali sono crescenti, allo 22 Bibiiotecaginobianco •
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