Alfonso Sterpellone 28 aprile l'allora Primo Ministro federale, Ribici.c_, rendeva noto il giudizio espresso da una commissione d'tnchiesta composta da croati e da rappresentanti del « potere federale »: la « campagna di discredito » era opera di « nemici interni ed esterni »; si escludeva, comunqt1e, la responsabilità dei servizi di sicurezza, i quali avevano « operato nel quadro delle loro legittime competenze ». Non è mai stato chiarito il motivo del coinvolgimento dei servizi di sicurezza nella vicenda denunziata da Zagabria ( è da segnalarsi che il capo dei servizi d'informazione dell'esercito federale, generale Miskovic, è fratello del nuovo segretario della LCJ della Croazia, Milan Miskovic, responsa,bile dei problemi dei « quadri » e della « sicurezza » ). I servizi jugoslavi di sicurezza - specialmente i settori dipendenti dalla polizia politica - furono diretti fino all'estate del 1966 da Alek:sandr Rankovic, il quale fu estromesso da tutti gli incarichi, essendo riconosciuto colpevole d'aver abusato dei propri poteri, d'aver instaurato un complesso sistema di controlli, d'aver tentato d'organizzare un vero e proprio « Stato nello Stato ». Com'è indicato nel dianzi citato discorso del generale Ljubicic alla seconda conferenza della LCJ, le Forze Armate· (e maggiormente i servizi di sicurezza) favoriscono una struttura dello Stato federale con forti capacità decisionali, di direzione e di controllo; il favore s'estende all'organizzazione della LCJ. Le accuse sui rapporti tra il gruppo dirigente croato e i « centri all'estero » consistono specialmente nell'aver esso consentito agli emigrati, 11-stascia e non ustascia, di svolgere la loro azione di propaganda e di proselitismo all'interno; sono accuse di « non vigilanza ». Più concreto è il giudizio negativo sullo sviluppo - tollerato dai dirigenti di Zagabria - di un'organizzazione croata a programma nazionalistico, il Narodni Pokret, che aveva saputo operare anche nell'ambito della LCJ. I comunisti croati - secondo le accuse - ritenevano di poter controllare l'attività del Narodni Pokret, fino a dirigerne l'attività: un gioco rischioso, dimostratosi errato, perché, in effetti, le tesi nazionalistiche sono prevalse su quelle partitiche, e i comunisti ne sono rimasti, praticamente, prigionieri. Mirando a un più forte autonomismo (e forse a una secessione) della Croazia, il Narodni Pokret operava, nel contempo, alla disgregazione della LCJ. In « Hrvatski 1,iednic » erano esposte da Djodan e Veselica (espulsi dalla LCJ e posti sotto accusa) le teorie dello « spazio vitale» della « nazione croata»; si invocava giustizia per la « Croazia sfruttata dagli epigoni della borghesia gra11serba camuffati da comunisti unitaristi »; erano enunciate le tesi della 16 Bibiiotecaginobianco
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