Nord e Sud - anno XIX - n. 145 - gennaio 1972

Giovanni Tranf aglia 3) Il Carcere. - Questa è, tra le sezioni che comp9ngono un libro per gran parte ancora allo stato fluido, quella che si presenta in maniera più organica ed omogenea, e forse la sola a cui Scotellaro avesse già dato veste definitiva. Anche la sua estensione (che copre quasi la metà del libro attuale) favorisce un giudizio in tal senso. Scotellaro stette in carcere, a Matera, poco più di quaranta giorni, dall'otto febbraio al venticinque marzo, sotto accusa di peculato; dalla prigione uscì abbastanza presto per l'interessamento dei st1oi amici e soprattutto di Carlo Levi. Ma questa esperienza, così breve e pur così dolorosa, lasciò una profonda traccia in lui; l'umiliazione del carcere gli fece riconoscere i risvolti più amari della lotta che egli conduceva. Egli ebbe sfiducia negli strumenti di lotta fino ad allora adottati e vi fu la crisi e la ricerca di nuove vie e di nuovi modi che potessero con miglior fortuna rispondere al suo impegno contadino. 111 un mondo in cui ogi1uno cerca di imporsi a chi è più debole, Scotellaro sente che il carcere è il mezzo di cui il sistema si serve per asservire ancl1e coloro che non vogliono piegarsi: « ... essi non ci hanno soltanto messi in galera per scacciarci dalle strade, ma così ottengono che ci avvezzino all'umile ordine inter110 e che ricreiamo fra noi la gerarchia dei servizi, la necessità di una legge ... Noi siamo le pecore e i buoi dei macellai e dei proprietari di bestiame. Così ess'i mantengorzo la loro ragione sugli operai, sui contadini, sui pezzenti, e il sempre 11-itovoannilncio del Vangelo, ogni giorno e ogni domenica, ripete la legge degli itomini ed ognitno dice a se stesso: 'I o sono la via, la verità, la vita ' e silbito corre a comandare alla moglie, ai figli, al fratello più piccolo, al più debole di sé » 15• E Scotellaro sente che lui, dal carcere, ne uscirà presto, « altra gente deve sembrare fatta per questo luogo »; a lui dicono, come ai capi fascisti che tempo prima erano stati in quella stessa cella: « Uscirai presto, la galera non è fatta. per te»; ed egli si ribella invano, perché presto sarà fatto uscire: « Volevo che non fosse così. Non c'erano certi n1iei signori che avevano ucciso, sia pure per colpa, avevano rubato, viole-ntato la servetta di dodici anni. Stavano protetti nel loro castello e ricevevano le autorità in salotto con la fotografia del genitore, il defunto senatore del Regno, secondo istruttore del processo Matteotti. Il maresciallo non sarebbe venitto qui per i siloi soprusi, i suoi reati, nemmeno il maresciallo del carcere se io l'avessi den.unciato per con,cussione continitata offrendo le prove, l'esattore mai più che guadagnava cinqite milioni all'anno per legge, i veterinari che denu.nciavano l'afta epizootica 1s Rocco ScoTELLARO, L'uva puttanella, cit. p. 128. 76 Bibiiotecaginobianco

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