Giovanni Tranf aglia di episodi. Quello che a noi resta « è forse u~ vent.esimo », dice Carlo Levi, del grande libro che Scotellaro inte11deva scrivere. Era nato come un libro autobiografico, e forse in definitiva tale era destinato a rimanere, nonostante lo spazio sempre maggiore che vi avrebbero potuto trovare episodi che non lo riguardassero direttamente; infatti anche questi sono rivissuti, se non proprio attraverso il ricordo diretto, quasi attraverso il ricordo del fatto narrato. È l'efemeride quotidiana coagulatasi in alcuni momenti chiave, in alcune figure in cui il dramma della solitudine s'innesta, più o meno palesemente, su di una condizione d'ingiustizia sociale; e in essi è più facile cogliere quei nodi psicologici che caratterizzano· una co,scienza, che non la vita varia e multiforme di un i11tero, mo·ndo; ci troviamo, in un certo senso, di fronte alla storia di una formazione umana. Così possiamo anche spiegarci quella diversità, a volte anche notevole, che è dato riscontrare fra la sezione del carcere e le parti eh.e precedono. Essa no11 d.ipenderà solo dai diversi tempi di stesura (e le opere di Scotellaro son.o caratterizzate da quella notevole fluidità di materiale e di prospettive di cui è traccia nel continuo sovrapporsi di schemi e di piani dell'opera), ma anche dal modo in cui Scotellaro si dispone di fronte agli avvenimenti che narra. Il suo ricordare non è un'operazione effettuata nel tempo presente, nel senso cl1e la posizione attuale dell'autore non interferisce in quelle che furono le reazioni, le sensazioni provate nel momento che egli ricorda, e si può facilmente intuire quanto diversi siano i modi di « conoscere » di un fanciullo e di un adolescente ai primi esperimenti amorosi da quelli di un uomo che ha nella carne i segni della lotta e la ferita del carcere. E allora troveremo nel carattere umano dello scrittore l'unità di questo ìibro all'apparenza così frammentario: « Solo in un senso estrinseco e materiale queste pagine possono essere infatti giudicate fran1mentarie. Nella loro più .vera realtà, nella loro intima natura, esse obbediscono invece a qiLella istintiva n1a fortissima unità che era nel carattere umano dello scrittore. Figure di esseri e di cose 11011si presentano qui nella loro esatta autonomia, ma in una loro simbologia. In tanto esse vivono, in quanto costituiscono una vivente allegoria del loro autore. Il che vale quanto dire che questo libro non si raccomanda tanto per quel che vi è di poeticamente raggiun.t o, quanto· per il suo singolare e signÌficantissimo valore documentario » 4 • « Se in Contadi11i del Sud il rigore del n1etodo sociologico non è 4 G. TROMBARTORE, Scrittori del nostro tempo, Palermo Manfredi, 1959, p. 176. 72 Bibiio~ecaginobianco
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