Nord e Sud - anno XIX - n. 145 - gennaio 1972

Giornale a piìt voci economicamente sottosviluppata. Una regione nella quale le centirnaia di milioni occorrenti per impiantare una raffineria potrebbero e dovrebbero essere investite in un settore industriale in grado di assicurare un ben diverso assorbimento di mano d'opera. Né è giusto. parlare solo della possibilità di una diJversa utilizzazione degli investimenti in settori più produttivi. Vi è anche il problema, da non trascurare, della possibile distruzione di ricchezza, preesistente o potenziale, che l'insediamento di una raffineria può comportare. Facciamo un esempio: nel momento in cui si costruisce una raffineria costiera si dà lavoro ad un certo numero di persone impiegate nella materiale costruzione dell'impianto. Successivamente, ad impianti ultimati, si assorbe un certo quantitativo, ridotto, come abbiamo visto, di mano d'opera e si dà luogo ad un certo gettito fiscale che, a causa della curiosa legi,slazione esistente in questo campo (quasi protezionistica nei confronti delle esportazioni e delle lavorazio 1 ni per l'estero a tutto vantaggio dei raffinatori che operano in I taliia) e delle vere e proprie « evasioni » dalla stessa legalizza te, risulta estremamente ridotto. Il resto della ricchezza prodotta è un fatto che non interessa la collettività; è un fatto di profitto aziendale. Per contro, una raffineria costiera sia che si inserisca in una già affermata economia turistica, sia che si installi in una zona potenzialmente interessata al turismo marino, distrugge ricchezza. Infatti, dal momento cl1e l'esistenza di una raffineria è decisamente incompatibile con un insediamento turistico, l'installazione di un impianto di raffinazione avrebbe come risultato la chiusura dii stabilimenti balneari; una riduzione di lavoro per gli esercizi alberghieri, pensioni, locande, bar e ristoranti: una riduzione della possibilità di lavoro per i bagnini e per le altre categorie di lavoratori il cui redd~to e strettamente legato al turismo balneare. Un confronto fra la quantità di ricchezza creata dalla raffineria e la quantità di ricchezza distrutta può dare risultati sorprendenti tanto piu, poi, se si considera che lasciando inalterata la « ricchezza turistica » rimane sempre la disponibilità per un investimento in altro settore industriale, magari « pulito», che non sia in qualche modo legato al mare come quello della raffinazione del petrolio. E nel conto non abbiamo n1esso i danni derivant~ alla salute umana dall'inquinamento atmosferico e marino. Non sappiamo se il Comune -di Fossacesia, interessato all'impianto abruzzese, ha fatto queste considerazioni e se le ha fatte in quale conto le ha tenute. Fatto sta che quella amm~nistrazione comunale avrebbe concesso per la raffineria l'espro•prio di circa duecento ettari nel suo territorio; espro-· prio già rifiutato dai due Comuni di Vasto e· Montesilvano. Con questo atto il Comune ha tenuto conto di due dati dall'effetto immediato: una iniezione di danaro nelle sue casse con i proventi della vendita dei terrerii, e la possibilità di impiego, assicurata dalla Società petrolifera, per un centinaio di persone. · Sono due fatti di estremo interesse, ma sono solo un dato del problema 63 Bibiiotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==