Francesco Compagna condizioni di una svolta in senso antidemocratico, che sono state e sono conseguenze di un certo modo di impostare semplicisticamente e di portare avanti concitata1ne11te la politica di ce11tro-sinistra; e che quindi le condizioni di una « svolta democratica » possano prima o poi, e magari più prima che poi, venire a maturazione, si tratta di buona disposizione da parte di tutti coloro che alla svolta sono interessati: buona disposizione ad intendersi sui contenuti della politica di cam.biamento e di rinnovamento che si può fare, che si vuole fare e che si deve fare. È questa, appunto, la seconda osservazione da tener presente quando si parla di una « svolta democratica ». Ha ragione Giolitti q11ando afferma che la crisi nei rapporti fra i partiti di centro-sinistra (socialdemocratici e repubblicani non esclusi, è da presumere) dev'essere affrontata « attraverso un confronto aperto sui content1ti dell'azione di governo, precisati nei tempi e nei modi della loro realizzazione ». È un'affermazione che va incontro a quelle che i repubblicani hanno fatto valere come impegno politico in occasione del Congresso di Firenze; ed è un'affermazione che dimostra come non tutti i socialisti siano insensibili alle preoccupazioni dei repubblicani; e che vi sono socialisti autorevoli che a loro volta cercano saggiamente di farle valere, consapevoli che la sinistra, se vuole essere vincente, non può e non deve essere velleitaria ed enfatica com'è stata in questi anni; dev'essere assai più attenta di quanto finora non sia stata ai congegni grazie ai quali una società industriale funziona e progredisce; non deve consentire che a carico di qL1esta o di quella sua compone11te si possano anche soltanto formt1lare le accuse di malgoverno cui oggi purtroppo la sinistra tutta, per diretta responsabilità o per indiretta solidarietà, si trova esposta. Se tutto questo è vero, sembra legittimo dedurne che la sinistra ha subìto il danno non solo e non tanto della strategia manciniana applicata alle elezioni presidenziali, ma anche e soprattutto della strategia che i socialisti hanno applicato a tutta la vicenda politica che dal « disimpegno » del 1968 ha portato alla scissione del 1969, con la formazione della « nuova 1naggioranza », l'emarginazione degli autonon1isti, l'elaborazione della tesi degli « equilibri più avanzati » e alla fine la disintegrazione, malgrado i risultati elettorali del 1970, della sola maggiora11za di sinistra possibile. E questo proprio pare che abbia voluto dire l'on. Cattani, anch'egli autonomista, quando ha dichiarato che « non si tratta di cambiare governo, ma di cambiare politica », augurandosi che a tanto « provveda il prossimo Congresso del partito ». 20 Bibiio~ecaginobianco
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