Fabio Neri siva riduzione della fascia di fluttuazione delle varie monete dei paesi della CEE le une rispetto alle altre e, contemporaneamente, ad una comune posizione nei confronti dell'esterno. È conseguente quindi a tale atteggiamento una progressiva differenziazione delle fasce di fluttuazione jntracomunitarie (ossia fra le monete dei Sei) ed extracomunitarie (ossia delle monete dei Sei nei confronti dei paesi terzi). Tenuto conto dell'esistenza degli Accordi di Bretton Woods, che prevedono per tutte le monete una fascia di fluttuazione intorno alla parità della misura del 2% 1 , e dell'Accordo monetario europeo, che limita ulteriormente per le monete dei paesi ad esso aderenti tale fascia, restringendola all'l,50% 2 , tale differenziazione avrebbe potuto inizialmente esplicarsi in pratica in tre modi: 1) con una riduzione della fascia intracomunitaria, mantenendo i limiti invariati per quella extracomunitaria; 2) lasciando la fascia intracomunitaria al valore dell'l,50% e portando invece quella extracomunitana al 4 o 6%; 3) riducendo la fascia intracomunitaria a valori inferiori all'l,50% e contemporaneamente ampliando queHa extracomunitaria al 4 o 6%. Ognuna di queste tre possibili soluzioni, data la funzione di valuta internazionale svolta dal dollaro, presupponeva la determinazione, nell'ambito della CEE, di un livello di cambio comune di questa moneta; un livello però variabile nel tempo e quindi adeguabile alle esigenze commerciali e finanziarie dell'Europa. La fascia di fluttuazione intracomunitaria allora era determinata dallo scarto percentuale in più o in meno rispetto a questo livello comunitario del dollaro ed i corsi delle singole monete europee dovevano rimanervi all'interno. Malgrado che il Comitato dei Governatori delle Banche Centrali della CEE avesse allora indicato come preferibile la prima soluzione ed avesse anzi proposto dei valori sia per la fascia extracomunitaria (1,50%), sia per quella intracomunitaria (1,20%) intorno al livello comunitario del dollaro, la situazione monetaria internazionale era già tale che da più parti si chiedeva una modifica più o meno radicale del Fondo Monetario Internazionale. Il Consiglio dei Ministri della CEE il 9 febbraio aveva quindi posto le mani avanti, dicendo che « comunque la Comunità non dovrà valersi, nei rapporti di cambio fra paesi membri, di eventuali disposizioni che permettano una maggiore flessi1 I limiti inferiori e superiori sono rispettivamente -1 % e + 1 %. 2 I limiti inferiori e superiori sono rispettivamente -0,75% e +0,75%. 54 BibliotecaGino Bianco
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