Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

.. Ltligi Compagna menticata dalle attuali classi dirigenti: che non qanno saputo risparmiare agli italiani degli anni '70 l'umiJiazione di sentire anco,ra paurosan1ente sospeso sul proprio avvenire lo spettro del fascismo, sempre pronto ad insinuarsi nel seno di una democrazia che smarrisce il proprio contenuto ideale, ad uccidere la libertà quando essa non riesce a valicare i confini delle classi o delle categorie più forti, ed immancabilmente regredisce fino a diventare privilegio e non più libertà. Nel tramonto dello Stato liberale e nella disintegrazione del patrimonio di valori scaturiti dall'esperienza risorgimentale, ebbe origine la più odiosa vicenda storiica del nostro paese; l'affievolirsi dello spirito del Riso·rgimento, nella politica e nella cultura del nostro tempo, è oggi un assai triste presagio. « È l'autunno dei valori risorgimentali - scrive Spadolini - che incombe sulla nostra generazione», ed il rischio è che la continuità storica e la legittimità politica dell'Italia moderna, la quale seppe recuperare sui secoli il proprio ritardo sugli Stati nazionali unitari, possa di n11ovo interrompersi a vantaggi10 di quell'Italia che moderna non è, e che nei suoi contraddittori travestimenti ed ondeggiamenti (filocomunisti ma antidivorzisti, assembleari ma stalinist1, sociologi del dissenso ma dalle cattedre} non riuscirà mai a mascherare completamente l'arretratezza reazionaria del proprio disavanzo risorgimentale. Perché il Risorgimento fu per l'Italia l'acquisizione di una coscienza moderna, e se il suo limite e la sua inadempienza storica possono rinvenirsi nel non essere riuscito ad allargare il moto di emancipazione civile e politica a tutto il popolo italiano e a diffondere maggiormente la consapevolezza di quei traguardi di libertà ed educazione nazionale, che sarebbero valsi poi a fronteggiare le successive involuzioni, non per questo si può parlare di rivoltIZione fallita. La cri,si del Risorgimento. e accanto ad essa quella del liberalismo ottocentesco, non assumono mai, nella ricostruzione critica di Spadolini, il carattere di una necessità storica, né, come aveva visto per primo Chabod, di una malattia sviluppatasi esclusivamente nell'organ.ismo del nostro paese dopo il 1870. Si può dire piuttosto che nella temperie post-risorgimentale, con tutto il suo intrecciars~ di problemi irrisolti, di « paradossi risorgimentali » sempre più nuovi e sconvolgenti, già si potevano cogliere alcuni segni annuncia tori dell'esaurimento e della trasformazione degli ideali che avevano animato la classe dirtgente al momento dell'unità e dopo l'unità. E magari questi segni non· ·erano tanto ravvisabili sul terreno strettamente politico, dove il contrasto delineato da Chabod tra la politica del Sonnino, risalente alle « speranze» di Cesare Balbo, e l'ideologia dj Bissolat~, riallacciantesi all'et1ropeismo mazziniano., avveniva pur sempre lungo il filo della tradizione risorgimentale, quanto sul più vasto terreno etico-politico, dove cominciavano a Ievarsi1 le prime voci dell'attivismo, del nazionalismo, dell'etica della potenza, della sublimazione della violenza purificatrice concepita come ideale al posto dell'umanesimo del Risorgimento. È proprio l'umanesimo del Risorgimento quello che Spadolini vuol risco44 Bibiiotecaginobianco

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