Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

... Italo Talia si intende portare avanti nel Mezzogiorno. nei prossimi anni. Basti accennare, ad esempio, che, stando alle prime cifre del nuovo Piano economico nazionale, entro il 1975 (nell'ipotesi che il reddito cresca ad un tasso medio annuo pari al 5 %), il grosso della nuova occupazione nelle regioni meridionali dovrebbe essere realizzato nel settore terziario e nella pubblica amministrazione. Si tratterebbe di ben 232 mila posti di lavoro in tali attività, contro 196 mila (di cui 50 mila nell'edilizia) nelle attività industriali. A questo punto conviene porsi una prima domanda. È questa un'ipotesi di piano, ipotesi cioè che vuole modificare il tipo di sviluppo fino ad oggi realizzato, o non è piuttosto - come noi dobbiamo ritenere - unicamente la prosecuzione di uno sviluppo spontaneo e l'assecondamento di tendenze i cui effetti sono estremamente pericolosi? E se questa è l'interpretazione corretta, dobbiamo porci una seconda domanda. A che cosa serve, o a chi serve, il nuovo Piano economico nazionale? Di certo non a realizzare « la piena occupazione, l'eliminazione del divario tra Nord e Sud, l'ammodernamento dei servizi civili e il migli9ramento del 'quadro di vita' del Paese ». Bisogna, allora, compiere una scelta politica a monte. Si tratta di decidere, una buona volta, sul grado di compatibilità tra la politica delle riforme, intese ·come razionalizzazione dell'apparato produttivo esistente (e sotto questo aspetto a vantaggio q11asi esclusivo delle regioni centro-settentrionali), e la politica della piena occupazione nel Mezzogiorno. Perché se si vùole scegliere questo secondo obiettivo, bisogna dare la priorità agli investimenti direttamente produttivi, anziché agli investimenti sociali; e bisogna inoltre, ricondurre ad una maggiore coerenza la politica delle partecipazioni· statali e dei sindacati operai. Ma la sinistra non sa, o non vuole, scegliere. Si culla sulla falsa convinzione - avallata dal Progetto 80 e del nuovo Piano economico nazionale - che il nostro paese rientri nel ristretto giro dei primi dieci paesi più industrializzati e sviluppati del mondo, dimenticando che siamo il decimo in questa graduatoria, o se si preferisce il primo in quella dei paesi sottosviluppati. Solo se la sinistra riformista prende coscienza di quest'ultimo é;l.Spetto,può avere successo la nuova e diversa strategia ipotizzata per il Mezzogiorno. Di una strategia, cioè, che tenda ad operare « uno stretto collegamento funzionale tra linee di sviluppo industriale e ipotesi di assetto del territorio », tra i « progetti speciali » previsti dalla nuova legge per il Mezzogiorno ed i « programmi di promozione » da elaborarsi in sede di C.I.P.E. e di contrattazione programmatica. 40 Bibiiotecaginobia~co

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