Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

Giulio Picciotti nella quale verrebbero a perdersi quei punti fermi sui valori laici di fondo che pure nelle ipotesi di nuova legge sul divorzio sono stati tenuti fermi ». La Direzione DC votò all'unanimità (tra le firme dei presentatori figuravano Scalfaro e Truzzi accanto a De Mita e Donat Cattin) un documento elusivo rispetto al problema posto dai partiti laici; e cioè un giudizio politico sulle proposte di modifica alla legge che erano state avanzate. La Direzione si limitava ad auspicare che « le modifiche che potranno essere proposte e che saranno oggetto di esame in sede parlamentare, per la loro portata e organicità, siano di tale rilevanza da creare condizioni capaci di ridurre alcune ragioni gravi di contrasto e di dissenso ». « .Qualora ciò non fosse possibile - continuava il documento - riaffermando la legittimità democratica del ricorso popolare a un istituto che è previsto dalla Costituzione, la DC, coerente con la linea sempre seguita su questo problema che la porterà a votare in modo conseguente contro ogni legge divorzista, concorrerebbe con il proprio contributo costruttivo ad approvare ogni modifica particolare che f asse comunque diretta a migliorare l'attuale disciplina ». La replica dei repubblicani fu immediata: i parlamentari si riunirono a Montecitorio sotto la presidenza di La Malfa ed emisero un comunicato in cui si affermava che « il gruppo parlamentare, presa visione dell'odierno comunicato della direzione d.c., ritenuto che esso non concreti alcun impegno relativo al contenuto della progettata legge modificatrice elaborata, considera che non esistono le condizioni che rendano utile il proseguimento del responsabile sforzo dei partiti divorzisti ». La risposta repubblicana fu l'unica netta presa di posizione sulle conclusioni della Direzione democristiana. I più possibilisti apparvero i comunisti, che con una dichiarazione di Bufalini definirono « positive » le decisioni democristiane, anche se « limitate da riserve e elementi di ambiguità». Bufalini, in sostanza, accettava che i partiti laici si presentassero al « confronto parlamentare» per modificare la legge, auspicato dalla DC, mettendo in discussione quegli stessi punti che erano scaturiti dalle riunioni degli esponenti degli stessi partiti divorzisti, e che rappresentavano il limite oltre il quale si sarebbe avuta una vera e propria abdicazione ai fondamenti laici dello Stato. Del resto la tesi del confronto parlamentare era già stata espressa nel documento della Direzione del PCI, e risultava chiaramente che quell'offerta da parte comunista, che rompeva l'impo34 BibliotecaGino Bianco

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