Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

I partiti tra il divorzio e il referendum Abbiamo visto come ai primi di novembre i colloqui bilaterali di Cossiga fossero giunti ad un impasse: « determinante per la ripresa - ha scritto « Settegiorni » - è stata la pressione dei cot11unisti ». Ma la tensione del PCI in questo senso fu a tal pu11to esclusiva, che ad essa « non corrispose - ammise Berlinguer al C.C. del suo partito - u11a mobilitazione di forze, una azione di propaga11da ... che preparino le n1asse e il partito all'eventualità di una consultazione popolare ». Cosa poteva far così sicuro il PCI della disponibilità della DC ad un accordo? Nessuna posizione ufficiale della segreteria si era espressa in q11esto senso; e il capogruppo democristiano della Camera, Andreotti, proprio all'inizio di novembre era tornato in un editoriale su. « Concretezza » a sostenere il doppio regime giuridico dei matrimoni, concordatari e civili, che, come abbiamo visto, era stato decisamente respinto d.ai partiti laici (Andreotti aveva negato addirittura che fossero in corso contatti tra la DC e i partiti laici per la revisione del divorzio). Ma un altro elemento concorreva, proprio ai primi di novembre, a delineare una indisponibilita più generale della DC verso i partiti laici, ed era l'opposizione democristiana all'elezione di Basso, candidato del PSI, a giudice della Corte Costituzionale. Per la terza volta, il 9 novembre, i deputati e i senatori democristiani votarono scheda bianca, e Basso non passò. L'opposizione a Basso era motivata con « la considerazione che i giudici costituzionali debbono avere la più ampia libertà di posizioni e non essere legati ad atteggiamenti di punta di massimalismo politico ». La giustificazione adombrava da un lato la irritazione democristiana verso la Corte, per le sentenze in materia di divorzio, e dall'altro lato l'opposizione all'ingresso nella Corte di un uomo che si era dichiarato per l'abrogazione dei Patti lateranensi. Erano elementi concorrenti in senso opposto alle spera11ze del PCI. Dove, allora, i comunisti poggiavano tutta la loro fiducia? « Nonostante le smentite ufficiali, cui nessuno crede - scriveva in un editoriale il « Corriere della Sera » -, il nodo del Quirinale tende a confondersi con quello del referendum. Tutti i candidati democristiani, senza eccezione ( e siamo sulla decina, fra confessi e no), ritengono impossibile arrivare al Quirinale senza i voti comunisti; e ·quindi tutti hanno l'interesse a non urtare il PCI. Di qui la ricerca, sotterranea ma non perciò meno affannosa, di vie d'accordo sul punto che in questo momento interessa maggior29 Bibiiotecaginobianco

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