Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

Il PCI scopre l'Europa sostenuto circa la necessità di democratizzare le strutture comunitarie. Se queste vanno democratizzate - e non vi sono dubbi sulla necessità di tale operazione - bisogna estendere la democratizzazione al vertice, eliminando lo scomodo ed antidemocratico principio della u.nanimità, grande scudo protettore di tutte le manovre nazionalistiche ai danni della democrazia europea. L'oratrice - come scriveva giustamente Francesco Brancoli Busdraghi sulla « Voce repubblicana » del 27 novembre - si mostrava, dopo la petizione di democrazia· contenuta nella parte iniziale del suo discorso, « assai gelosa delle sovranità nazionali e degli interessi particolari ». Ma attraverso la Jotti è il PCI che parla e la sua voce evoca ancora accenti particolaristici, nazionalistici. Altra caduta del convegno, quella sull'indirizzo futuro delle strutture comunitarie. Su questo punto occorre dire che la reticenza è maggiore dell'incoerenza. È quella filosofia del « volere e non volere », rievocata opportunamente così da Brancoli Busdraghi (nell'articolo citato) come da Garosci sull'« Umanità» del 30. novembre, quel porsi a mezzo, senza scegliere un disegno preciso e i sacrifici che la scelta comporta. Per Amendola non è ben chiaro cosa debba essere la CEE, una volta ammesso che non è più un'unione doganale e non è ancora una unione economica. Il leader dell'europeismo comunista italiano parrebbe accontentarsi di qualcosa che fa·cesse da pendant in Occidente al COMECON orientale. Ma, a parte le infinite differenze storiche, politiche, di costume tra le due aree e le due opposte forme di aggregazione economica, c'è ancora una volta una patente contraddizione tra fine proclamato e strumento proposto. Se il fine, in effetti, è la democratizzazione, l'allargamento su base « partecipatoria » di quanto strutturalmente è stato costruito in buropa occidentale, come può essere utilizzato lo strumento, peraltro confusamente suggerito da Amendola e dalla Jotti, di una CEE mantenuta nettamente al di qua di una politica « comune » e « sovranazionale », nel regno ibrido della cooperazione economica tra nazioni munite di ferrei, reciproci diritti di veto? Il fiato corto della ispirazione europea viene fuori quando, come in questo caso, il PCI deve affrontare la fisionomia dell'Europa futura e indicare il modello alternativo, le concrete scelte da compiere per disegnare quella fisionomia. Allora il discorso comunista oscilla tra il vecchio nazio11:alismo ai togliattiana memoria ( tenacemente connesso, peraltro, con l'altro mito ideologico delle « vie nazionali al socialismo ») e il generico internazionalismo speso attraverso il non originale conio della « Europa dall'Atlantico agli Urali ». 9 Bibiiotecag inobianco

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