.. Ermanno Corsi bilancio non poteva essere un mito e la politica di l!-usterity non poteva essere imposta con un atto di imperio. Non sf •doveva considerare vincolante, in via pregiudiziale ed aprioristica, la teoria del pareggio del bilancio, teoria che la d·ottrina economica non riconosce più. La dottrina economica moderna, che inserisce l'attività dello Stato nel profondo della vita econo·mica di un paese, dice - precisava La Mal.fa - che si può avere un bilancio in pareggio e una pessima situazio·ne nel paese, anche economica e finanziaria; e si può avere un bilancio in. spareggio e una buona situazione economica e finanziaria. Si rimprovera a Pella, anche da altri settori ,della sinistra, di mancare di elasticità, di r1on subordinare il momento· economico a quello p·olitico, inteso come comprensione delle esigenze sociali. Pella può ben dirsi un erede di Quintino Sella, mentre i tempi impongono di ragionare alla maniera di Keynes : il necessario bagaglio di un economista è la visione della multiformità degli interessi. Pella non deroga dal principio della necessità, da parte di uno Stato che vuole essere funzionale, di contenere al massimo le spese pubbliche. Su questo terreno, cominciano presto· gli scontri con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli sta tali. Ma ben più forti tensioni si •determinarono per la questione di Trieste, a conferma dell'intimo collegamento sempre esistito tra politica estera e vicende italiane. Nel discorso di replica alla Camera, Pella - per ingraziarsi gli ambienti nazionalisti - aveva ostentato una certa indipendenza dalle potenze alleate (USA, Inghilterra, Francia) alle quali si riprometteva, a breve tempo, di ricordare gli impegni assunti nel 1948 riguardo al ritorno di Trieste all'Italia 9 • Ora (non è passato ancora un 9 Nel Territorio libero di Trieste (cfr. GIUSEPPEMAMMARELLA, L'Italia dopo il fascismo, 1943-1968, Ed. « Il lvlulino ») il trattato di pace aveva lasciato questa situazione. La zona A della città, per un totale di 222 chilometri quadrati e di 302.200 abitanti (di cui '239.200 italiani e 63.000 sloveni), si trovava sotto l'amministrazione anglo-americana; sotto quella jugoslava era invece la zona B, ad oriente di Trieste, di 515 chilometri quadrati e con 73.500 abitanti in prevalenza sloveni. Col passare degli anni, la zona A veniva sempre più assimilata all'Italia, grazie ad una serie di accordi amministrativi tra Governo italiano e potenze alleate: la moneta, l'a1nministrazione, le strutture politico-amministrative erano quelle italiane. L'Italia, inoltre, con notevoli aiuti finanziari aveva contribuito alla ricostruzione dell'economia triestina. Paralle]an1ente: nella zona B era ormai in fase avanzata un intenso processo di snazionalizzazione delle comunità italiane ancora rimaste nella zona. Gli Stati Uniti, la Francia e l'Inghilterra (cfr. N0RMANKOGAN, L'Italia del dopoguerra) avevano rilasciato, per aiutare De Gasperi nella campagna elettorale del '48, una dichiarazione pubblica che chiedeva la restituzione all'Italia di entrambe le zone del Te1Titorio libero. Questa dichiarazione divenne immediatamente la base minima di tutte le rivendicazioni italiane nei confronti di quella zona. Pochi 1nesi dopo, tuttavia, avvenne la grave rottura fra Stalin e Tito. Per sostenere l'indi98 Bibiiotecaginobi~nco
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