Gian Giacomo dell'Angelo Anche se, come avverte la relazio•ne che lo accompagna, lo schema si limita a considerare le funzioni amministrative esercitate dagli organi dello Stato in base alla legislazio•ne vigente, vi è il rischio che questo passaggio, per il modo con cui è stato concepito, precostituisca una intelaiatura, dalla quale sarà poi difficile uscire. Si tratta di una intelaiatura che ripete l'articolazione della materia agricola secondo il modello al quale oggi si confo-rma l'apparato ministeriale. Se questo modello dovesse passare alle Regioni, il più grave pericolo che si correrebbe sarebbe quello di vedere riprodursi un tipo di assegnazione di fondi per capitoli di spesa che riflette più le esigenze di funzionamento dei singoli uffici interessati, i CLli O•biettivi trovano espressione in termini di spesa, che non la preoccupazione di raggiungere obiettivi in termini di opere da realizzare e di servizi da rendere. Ma la casistica delle funzioni indicate nell'art. 1 dello schema, oltre a precostituire un rigido casellario di malagevole impiego, costituisce, per la sua incompletezza, un insormontabile impedimento per una nuova politica agraria che avesse adottato il piano zonale come suo modello operativo. Tale incompìetezza sì avverte per tre motivi: per non essere co,mprese in quella casistica - per la mancanza di un contestuale disegno di riforma dei ministeri - funzioni attinenti a materie che possono diventare essenziali per la riuscita di un piano zonale; per l'esservi prevista una distinzione (art. 4 e art. 11) tra funzion1i trasferibili alle Regioni e f11nzioni non trasferibili, che riscl1ia di minare alla base la nuova procedura; per l'esservi inserita una clausola (art. 8), che fa prevedere l'indefinito protrarsi di un doppio binario burocratico a servizio rispettivamente ·delle Regioni e dell'amministrazione centrale. Gli inconvenienti emergenti dal triplice ordine di limitazioni, sono facilmente intuibili: basterà soffermarsi su alcuni. La competenza degli organi statali - che l'art. 4 riconferma in ordine, ad esempio: alla classificazione e declassificazione di territori in co,mprensori di bonifica integrale o in bacini mo·ntani o in zone depresse; all'approvazione dei piani generali di bonifica; alla imposizione del vincolo idrogeologico; alla realizzazione di impianti di particolare interesse pubblico per la raccolta, trasformazione e vendita di prodotti agricoli - investe non soltanto contenuti, che posso110 essere peculiari per talune zonizzazioni, ma gli stessi principi ispiratori del piano zonale. Dopo quanto detto a proposito dei piani di bonifica, è soltanto il caso di rilevare la contraddizione che insorgerebbe per la coesistenza di due atti di pianificazione, dei quali l'ur10 - il piano zonale - intende proporsi come sostitutivo dell'altro. In quanto nuovo quadro di riferì96 Bibliotecaginobiaco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==