Gian Giaconio dell'Angelo piani di valorizzazione agraria ... » e che l'art. ~ undecies stabilisce che « gli interventi ... per i pia11i zonali ... sono, adottati ... dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste ... ». Ora, se la limitazione ad un solo anno delle disponibilità finanziarie va accolta come una necessità derivante dalla natura di « ponte » che l1a la L. 4 agosto 1971 n. 592, il fatto cl1e lo stesso dispositivo non abbia provveduto alla contestuale istituzio11e in tutte le regioni del rispettivo ente di sviluppo fa vedere come il piano zonale non sia considerato come la nuova procedura generalizzabile all'intero paese. L'indiscriminato riferimento ad interventi proposti sia dai piani zonali che dai piani di valorizzazione conferma, d'altra parte, il perdurante stato di incertezza sul significato da dare rispettivamente all'uno e all'altro tipo di piano; conferma cioè che il piano zonale è ancora lonta110 dall'essere conce1Jito come l'atto che codifica, in riferimento a soluzioni concertate, gli impegnj reciproci dei poteri pt1bblici e dei privati imprenditori. La « adozione», di cui parla l'art. 2 undecies, che il Ministero si riserva nei confronti degli interve11ti mostra, infine, come ancora predomini la concezione dell'atto propositivo, su cui l'autorità centrale si riserva - fatto salvo il formale riferimento a un parere di conformità delle Regioni - ogni più ampia facoltà di decisione. Stando così le cose, non si può neppure attribt1ire all'autorizzazione di spesa co,ncessa dalla recente legge un valore sperimentale, perché non è certamente sulle basi prin1a ricordate che sì possono mettere alla prova né le reali capacità di iniziativa degli enti di sviluppo né, tanto meno, quelle possibilità di contrattazione che ispirano la originaria proposta del piano zonale. Ma se gli impedimenti, che si prospettano per il piano zonale in conseguenza dell'atteggian1ento centralizzatore, suscitano preoccupazioni, altre preoccupazioni insorgono, considerando le tesi, che pure sono affiorate e che intendono il piano zonale come un atto sostanzialmente rivendicativo, promanante dalla base contadina. Se il piano zonale deve essere il piano del fattibile, se esso deve cioè soddisfare l'esigenza di combinare in un rapporto di equilibrio gli obiettivi con le risorse che, in un dato periodo di tempo, sono a disposizione, un piano, che fosse soltanto l'espressione dei bisogni sofferti, non avrebbe destino diverso da quello dei piani dell'auspicabile, formulati dagli esperti. Nesst1na garanzia può, infatti, essere data in via generale che a quei bisogni possano farsi prontamente corrispondere i mezzi necessari a soddisfarli. Un piano di questo tipo correrebbe solo il rischio, a seguito• del suo rifiuto e anche solo del ritardo o della incompletezza della sua accettazio,ne, di pro-vocare una delusione di portata 90 Bibiiotecaginobia-nco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==