Nord e Sud - anno XVIII - n. 143 - novembre 1971

Giovanni Satta 9. Naturalmente tutto ciò appare formalm~nte co·me travaglio autonomistico, come ricerca sofferta (e « colonialisticamente » avversata « da Roma ») di « equilibri più avanzati » e •di risposte alle tensioni sociali. A questa operazione, in altri termini, alcune forze di sinistra, gruppi di jntellettuali, un certo tipo di cultura « sarda », offrono co,mpiacentemente (ma, forse, a dir la verità, no1 n del tutto consapevolmente) una copertura politica e culturale, una motivazione di sinistra, rendendosi di fatto corresponsabili di una delle più gravi fasi di involuzione politica e di rallentamento del pro,gresso economico e sociale, che la pur breve sto-- ria dell'auto·nomia della Sardegna registri. Ed è questo, forse, l'aspetto che meglio sintetizza la .gravità e la profondità della crisi sarda; una crisi di valori, ,di struttura economica, di contenuti e ·di metodo della gestione politica, che si riflette nell'impoverimento del discorso politico-culturale. L'ondata di insorgenza populistica che si è abbattuta sul paese in questi anni, non ha mancato, infatti, ,di far sentire le sue ripercussioni anche in Sardegna, determinando il risorgere ed il diffondersi di un certo tipo di cultura « sarda », rivendicazionista, involuta e, in definitiva, disperatamente provinciale. In campo nazionale, questo fenomeno ha trovato il suo cardine nella bipolarizzazione della cultura politica tra il filone cattolico e quello marxista e nel tentativo, equivoco e fuo1 rviante, di un incontro tra questi due filoni. Come è stato notato, il mito risorgente della unità di classe (peraltro contraddetto persino nel settore sindacale attraverso la frammentazione delle contrattazioni articolate e la acèentuazione conseguente delle s,pereq11azio,ni salariali e delle posizioni di privilegio co,rporativo), da cui sono derivati il dibattito sulla « scelta socialista » delle ACLI, il pansindacalismo, il declino progressivo della funzione politica dei partiti, l'assemblearismo, il rivendicazionismo e il ricorso violento alla piazza, ha trovato la sua principale matrice ideologico-culturale nella interpretazione, del tutto emotiva e non certo ortodossa, •da parte di alcune componenti cattoliche, della mistica del povero (di cui la dottrina sociale cristiana è largamente imbevuta) come mistica dell'operaio e nella trasformazione, altrettanto emotiva e non ortodossa, da parte di larghi strati del mondo marxista, della ipotesi proletaria del socialismo scientifico in ipotesi « pauperistica ». Questa stessa logica (basata sulle equazioni: povero == operaio; mistica del povero == unità di classe; unità di classe == lotta fuori dei partiti; lotta fuori ,dei partiti == assemblearismo o moti di· piazza) ha trovato estrinsecazioni anche in Sardegna, dove, tuttavia, essa è stata necessariamente distorta ed adattata alla realtà isolana. Larghi strati cattolici, infatti, hanno riscoperto la propria vocazione « pastorale » (pa70 Biblioecaginobianco ~

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