Ennio Ceccarini Ecco un episodio, dunque, che è difficile infilare nello schema conciliativo elaborato, con buona volontà e nessun credito ai fatti, dal PCI. Si deve però aggiungere che l'episodio sfu.gge completamente anche allo schema interpretativo fornito dal « Manifesto ». Questo assume che la Cina, salita anche formalmente al rango di terza grande potenza moderna, rifiuti l'allineamento alle politiche di potenza, al gioco della realpolitik,, alla preminenza degli interessi nazionali, per continuare nell'azione suscitatrice di energie rivoluzionarie. Ma l'assunto urta contro la realtà. La Cina, attraverso gli alba11esi, tratta con la Grecia fascista come con gli Stati Uniti e l'Unio11e Sovietica. Obbedisce cioè ad una logica di interessi e di potenza, ad un momento di « indifferenza » ideologica che è tipico delle grandi potenze obbligate a far fronte su diversi scacchieri ad un gioco di successo e affermazione, inevitabilmente più spregiudicato dei discorsi o dei rapporti della domenica alle grandi masse raccolte sulla Piazza Rossa o del Celeste impero. E guarda caso, la spregiudicatezza di iniziativa politica cinese non si rivolge tanto al terreno influenzato dagli americani quanto a quello soggetto ad egemonia sovietica, Balcani, Medio Oriente o Golfo del Bengala (anche l'appoggio ai pakjstani e alle loro efferatezze contro il Bangla Desh i11che cosa è riconoscibile come « impeg110 socialista e rivoluzionario »?). L'interpretazione dell'estrema sinistra -- e la affrontiamo facendo nostre e ripetendole, le tesi della sinistra democratica italiana - soffre di un vizio di religione e di mitologia. All'estrema sinistra si è deificata la capacità rivoluzionaria della Cina. Un più rigoroso discorso sui fatti servirebbe a vanificare questa adorazione, a portarla fuori da un astratto santuario. Sfugge anzitutto. a questa visione astratta, il concetto politico della « multipolarità » ( così come in passato sfuggì e venne combattuto quello della « bipolarità » russo-americana). Ma, piaccia o non piaccia, si tratti di un concetto non arbitrario, dal significato preciso. Il mondo non è più oggetto di due, bensì di tre grandi tipi e modelli di egemonia, ciò che indica una sfera più complessa di relazioni all'insegna della coesistenza e del rispetto dei reciproci equilibri. Paradossalmente, cioè, rispetto allo schema interpretativo dell'estrema sinistra italiana, il rango di « terzo grande» guadagnato dalla Cina si colloca proprio come simbolo della irreversibilità di alcuni principi classici della diplomazia internazionale: il concetto di equilibrio di forze come garanzia della pace, il concetto di coesistenza pacifica. Gli americani, è vero, riconoscono nella Cina 12 Bibliotecaginobia.co
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