Nord e Sud - anno XVIII - n. 143 - novembre 1971

Senza l'Europa dai partiti d'opposizione (e di comoda opposizione come, tutto sommato, è il PCI). Il mondo contemporaneo è inoltre un produttore e un divoratore rapidissimo di schemi ideologici, di slogans culturali, di modelli eco11omici. È forse da escludere - se si ha un minimo di audacia intellettuale e se non si è convinti che la storia sia scritta una volta per tutte su un certo libro del secolo scorso - che es.so, vivendo la vicenda dei due comunismi rivali, approdi alla realtà di opposti sistemi, pur sempre nominalmente comunisti? Un lavoro teorico in questa direzione manca nel PCI e manca, stando ai fatti, qualunque attuale disposizione a farlo. Manca perciò una capacità di elaborare criticamente una visione autonoma dei rapporti intercomunisti. E la conciliazione della rivalità russocinese resta affidata, come in passato, a raccomandazioni generiche di tipo comiziale e non di sostanza politica, poiché tale sostanza non è dato rinvenire negli appelli ad una nuova unità contro l'imperialismo che barcolla. Può anche darsi che il cosiddetto imperialismo barcolli (ossia, più propriamente, che l'Occidente conosca una fase storica di crisi) ma il problema storico del mondo comunista non è più oggi, come quaranta anni fa, la sua sopraffazione, sia perché l'equilibrio militare non lo consente, sia perché non lo consentono le divergenze di interessi interne al comunismo internazionale. Queste divergenze - quantificabili attraverso la pretesa cinese di spostare il centro del comùnismo contemporaneo dalla Moscovia allo Yangtse - sono il problema storico (pratico ed ideologico) del movi1nento comunista, il nodo da sciogliere attraverso un travaglio, u11 ripensamento degli schemi ed una politica nuova. E mentre il PCI accentua le sue preghiere a Breznev e a Mao perché, come bravi boy scouts, ritrovino l'amicizia perduta per affrontare il cattivo capitalista in difficoltà, la Cina, esattamente all'indomani del suo ingresso all'ONU, apre le ostilità politiche contro i sovietici proprio a due passi dall'Italia dei discussi « equilibri più avanzati ». Attraverso il leader albanese, Henver Hoxha, Pechino ha infatti proposto un fronte balcanico, dalla Jugoslavia alla Grecia alla Romania alla stessa Albania, ·come cuscinetto ostile nei confronti della « sovranità limitata » di inarca sovietica. Hoxha si è spinto oltre (per battere evidentemente concorrenza anche nei confronti degli americani, definiti complici dell'URSS nella spartizione dell'Europa): ha promesso un intervento militare (e le basi cinesi in Albania ci sono davvero) a sostegno· di qualunque paese balcanico aggredito dall'URSS. 11 -· Bibliotecaginobianco

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