Dino Cofrancesco muove~e in misura deter1ninante - anche se uniti ad altri fattori, come la stessa marxiana lotta di classe - la concentrazione capitalistica e la tensione di tutte le forze produttive. Se è vera la seconda ipotesi, come ritiene Pistone da buon federalista, le dottrine imperialistiche della Germania guglielmina, riflettono, sì, quanto alla forma, una determinata fase dell'evoluzione storica ---- quella contrassegnata dal capitalismo monopolistico, cui si riferisce Cervelli -, ma descrivono, poi, quanto al contenuto, comportamenti oggettivi che caratterizzano non questo o quello Stato, questa o quella concentrazione di interessi eco,nomico-politici, ma lo• Stato nazionale tout court in tutte le sue versioni. Se è vera, invece, la prima ipotesi, ciò significa che lo Stato, in sé, è un recipiente vuoto e t,rasparente che assume le caratteristiche dei contenuti politici ed economici che vi si trovano di volta in volta, e che pertanto Pistone avrebbe impiegato meglio il suo tempo facendo un'indagine sui contenuti effettivi e storicamente determinati piuttosto che sul recipiente .in quanto tale. Come si vede, si tratta di problemi che non possono certo definirsi di scarsa rilevanza e che andavano discussi e individuati in termini chiari e precisi. Per Cervelli, invece, la scelta non si pone neppure: la concezione materialistica della storia (sia pure intesa non dogmaticamente, ma nello spirito di Antonio · Labriola e ... della Prefazione di Giulio Pietranera a Gli stadi dello sviluppo economico di Walt W. Rostow) è l'ultima parola in fatto di 126 Bibliotecaginobiaco teoria :dei fattori sto,rici; il resto, o riducendo,si ad essa, o no,n avendo rilevanza alcuna per la sua intima inconsistenza. Non diversamente il don Ferrante di manzoniana memoria credeva solo a quei fenomeni che potessero spiegarsi con le formule dei vari Cardano del suo tempo. Uno dei pochi temi che Cervelli riesce a mettere a fuoco, nella disamina del libro, riguarda il primato della politica estera sulla politica interna, in base al quale, per impiegare i termini usati da Pistone, « la politica di potenza e i connessi fenomeni del nazionalismo e dell'imperialisn10, dipendono non dalla natura delle strutture interne degli stati, bensì dalla oggettiva configurazione dei rapporti interstatali e cioè dalla anarchia internazionale che irnpone ad ogni stato, quale che sia il suo ordinamento interno, di comportarsi sul piano internazionale secondo la legge della politica di potenza ». Ma anche a questo- pro1 posito la critica del recensore non è molto chiara, specie laddove accenna ai « rischi che sono insiti alle formt1lazioni geopolitiche » (pag. 588). Pistone, infatti, non pretende affatto di spiegare, positivisticamente, su.Ila base del primato della politica estera, il differente sviluppo istituzionale verificatosi nei paesi insulari e nei paesi continentali con la sola circostanza che i primi, non avendo dovuto fronteggiare invasioni di sorta, hanno potuto promuovere ampie e sicure libertà, mentre i secondi, trovandosi nella situazione opposta, sono stati costretti ad instaurare regimi autoritari e disciplinati. Nell'analisi dello studioso ·
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