Nord e Sud - anno XVIII - n. 143 - novembre 1971

Dino Cofrancesco "' fondamentali » (pag. 84) e di una politica estera imperialistica, capace di realizzare le legittime aspirazioni di una grande potenza. Per i nazional-sociali « soltanto una Germania fondata politicamente e socialmente sulle forze della moderna società industriale avrebbe avuto a disposizione la potenza necessaria per affermarsi in modo decisivo e duraturo nella gara imperialistica » (pag. 85). Pur militando, ancora per qualche tempo, nella sinistra del Partito nazional-liberale, Meinecke fece sua la forn1ula ,di Naumann e di Weber, « potenza all'esterno e riforme all'interno», ma soprattutto maturò la tendenza a « considerare con maggiore spirito critico lo stesso processo di unificazione nazionale e a guardare con diversi occhi anche le vicende della precedente storia prussiano-tedesca » (pagg. 93-4). Rimasto, intanto, nel 1896 unico direttore della « Historische Zeitschrift » fece della rivista di Sybel e di Treitschke l'organo della storiografia neorank:iana, contribuendo in maniera determinante al superamento definitivo della concezione borussica, di cui pure la rivista era stata l'organo più prestigioso. · Nel terzo capitolo, Gli ideali dell'epoca delle riforme, Pisto,ne prende in esame i due volumi della biografia di Boyen, usciti nel 1896 e nel 1899 e che sono considerati come la prima importante espressione ·dell'orientamento anticonservatore, e quindi antiborussico, di Meinecke. Boyen, autore delle celebri riforme militari, appare allo storico sassone come la sintesi tra Stato e 112 Bibiiotecaginobianco ideale di ump.nità, lo statista che riuscì a conciliare la riforma delle strutture assolutistiche prussiane con le esigenze della Machtpolitik. I riformatori tedeschi del primo Ottocento,, nella loro lotta contro Napoleone, « miravano a fondare la nuova struttura statale su tutte le forze sociali utili allo stato, e quindi in particolare sulle nuove forze borghesi, accanto però a quelle aristocratiche, e non in sostituzione di esse» (pag. 103), dovendo-, pur sempre, la difesa della monarchia continentale poggiare su una disciplinata classe aristocratico-militare. In questa fusione tra spirito assolutistico fridericiano e spirito liberal-borghese, passava, per Meinecke, l'originalissima via tedesca alla società moderna, capace di conciliare liberalismo e ragion di Stato. In realtà, osserva giustamente Pistone, « più che di originale liberalismo, 1neglio sarebbe parlare di liberalismo ibrido, o anche di nazionalismo in1preg11ato di idee liberali, disposto, cioè, a fare concessioni alle esigenze liberali, solo nella misura in cui queste possano tradursi i11 fonti di potenza nazionale» (pag. 115). Ed infatti nella biografia di Boyen emergeva una posizione etico-politica di tipo « imperialistico-liberale », caratterizzata dalla « convinzione che la politica di potenza tenda a favorire, per la sua stessa logica, uno sviluppo progressivo all'interno dello stato » (pag. 121). A mio avviso, Pistone fa troppo rapida giustizia di questo «mito», condiviso del resto da Weber e da Naumann. Se è vero, infatti, che uno Stato impegnato in una politica imperialista tende a ridurre le

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