La lezione di Meinecke della riceroa, intesa, pur nell'aderenza ai da ti dalla storia e della filologia, ad utilizzare il pensiero meineck~a110 nelila co·struzione di una nuova, e più convincente, teoria dell'agire politico. *** L'indagine si apre con una acuta disamina dell'Eredità degli storici nazional-liberali, in cui vengono sottolineate le conseguenze decisive che il fallimento dei moti quarantotteschi ebbe per la cultura tedesca - o almeno per quegli intellettuali che non si sentivano disposti a consolarsi della sconfitta riparando nelle regioni dell'utopia. « Dalla f acilità con cui il movimento patriottico-liberale era stato spazzato via dalle forze degli antichi stati essi derivarono una sfiducia ancor più co1npleta nell'azione popolare e dal basso. E si convinsero che senza un apparato di potere già costituito e ben saldo, cioè senza il potere di uno stato, fosse illusorio sperare di condurre con successo una grande impresa politica» (pag. 27). Non meraviglia, quindi, che, negli anni 50, Droysen, Sybel - seguiti più tardi dal giovane Treitschke - gettassero le fondamenta della concezione borussica della storia tedesca e prussiana, per la quale, « alla base del diritto e insieme del dovere da parte della dinastia prussiana di instaurare l'egemonia della Prussia sul resto della Germania e di realizzare in tale maniera l'unificazione nazionale stava ( ...) l'intera tradizione storica prussiana, interpretata come una immutabile e costante aspirazione a riunire tutti i · Bibliotecaginobianco tedeschi sotto la casa di Brandeburgo » (pag. 29). Ma la riunificazione, avvenuta coi metodi del « cancelliere di ferro », lungi dal realizzare le speranze nazional-liberali di 1.1n effettivo, equilibrio tra Coro11a e Parlamento, determinò, con i suoi stessi successi e la sua spregiudicatezza, il lealismo della cult11ra nei confronti del bo11apartismo bismarckiano. A livello ideologico, ciò si tradusse nella teorizzazione di un p·resunto liberalismo tedesco, diverso da quello « atomistico » anglo-francese e fondato sul principio treitschkiano per cui « la libertà individuale doveva trovare un limite invalicabile nei fini deZlo stato, consistenti essenzial1nente, più che nel mantenimento dell'ordine in,terno e nella soddisfazione delle esigenze di libertà e di benessere dei singoli, nella ricerca della niassima potenza nazio1iale e nel pron1ovin1ento della cultura nazionale in un n1ondo di nazioni inevitabil111ente in lotta tra di loro » (pagg. 41-2). Questa concezione, nella sua polemica contro il giusnaturalismo, si riallacciava a Hegel e a Ranke. Il primo, infatti, aveva teorizzato, in funzione antiilluministica, la necessità, per lo Stato etico, di farsi mediatore dei conflitti di classe e l'eticità della guerra; il secondo aveva dedotto una compiuta teoria dei rapporti tra gli Stati dall'intuizione hegeliana del primato della politica estera. Per Ranke, « la posizione di uno, stato nel mondo corrisponde alla misura della sua indipendenza; per ottenere quest'ultima lo stato è d'altro canto costretto ad adeguare la propria organizzazione interna al 109
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==