Italo Talia nella misura di 5 mila unità (-13,0% ); l'industria. 1netalmeccanica fa registrare un incremento di occupazione di poco superiore alle 5 mila unità ( +9,0%); la chimica raddoppia l'occupazione con 7 mila unità in più; l'industria di trasformazione dei minerali non metalliferi gL1adagna poco più di 4 mila occupati; le manifatturiere varie (carta, po1igraficl1e, editoriali, ecc.) aumentano l'occupazione di oltre 3 mila occupati ( + 50% ). Pertanto, pur in un contesto che nel suo complesso presenta un andamento negativo, possono essere ritenuti settori in espansione, quello chimico, metalmeccanico, alimentare, dei minerali non metalliferi e delle manifatturiere varie. In via di riassetto l'industria dell'abbigliamento e delle confezioni, delle pelli e del cuoio, del legno e del mobilio; in regresso la tessile. Vale la pe11a, quindi, scendere al livello delle singole classi di industria per specificare 1neglio cosa bisogna intendere per espansione, riassetto e regresso, analizzando i singoli comparti e le singole produzioni, sulla base della generica suddivisione effettuata. L'ind11stria chin1.ica. Il peso dell'industria cl1imica e delle attività industriali affini riSL1lta essere al 1969 non molto elevato: 14 mila addetti, pari al 4,5% dell'occupazione ma11ifatturiera campana. Va, però, rilevato che, quasi i11esistente in Campania al 1951, tra la metà degli anni '50 e la metà degli anni '60 il settore ha registrato una vertigin·o-sa crescita con l'installazione nella regione di industrie di medie e grosse dimensioni : l'occupazione si raddoppia, la gamma delle produzioni si espande, il settore si diversifica. Le unità locali di una certa dimensione (con più di 10 addetti) passano da 60 nel 1951 a 102 nel 1961 e a 118 nel 1969. A partire dal 1963 ancl1e l'i11dustria chin1ica, però, sembra essere entrata in una situazione di stallo, più per quanto riguarda l'occupazione complessiva che per quanto riguarda le nuove iniziative: da questa data, infatti, · il livello complessivo di occupazione si mantiene stabile sulle 14 mila unità, mentre diminL1isce il suo peso nei confronti sia dell'intero paese che del Mezzogiorno. Al 1963 l'occupazione dell'industria chimica campana rappresentava il 3,5% di quella nazionale ed il 42,9% di quella del Mezzogiorno; al 1969 essa è scesa al 3,2% per quanto riguarda l'Italia e al 27,8% per qL1anto riguarda il lVlezzogiorno, dove - non considerando il Lazio - la sola Sicilia le contende il primo posto quanto ad occupazione complessiva. Diverso è il discorso relativo alle unità locali. Tenendo conto, infatti, che nel settore chimico campano « prevalgono le imprese costituite i11 forma di società di capitali (64,4%) », di queste ben il 36,6% risale, come data di costituzione, a un periodo successivo al 1961. 90 B~biiotecaginobianco
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