Industria e industrializzazione in Campania sostituzione di lavoro a capitale: quelle che presentano un incremento solo nell'occupazione. Industrie con sostituzione di capitale a lavoro: aumenta la potenza installata, sia in assoluto che per addetto, e diminuisce l'occupazione. Industrie con sviluppo estensivo: aumenta l'occupazione e la potenza installata, mentre diminuisce la quantità di potenza per addetto. Infine, industrie con sviluppo intensivo: risultano in aumento tutti e tre i parametri considerati. A livello regionale risulta impossibile, allo stato delle conoscenze e dei dati disponibili, seguire questo tipo di classificazione. Rinviando alla pubblicazione dei dati del Censimento industriale del 1971 una analisi più com-pleta e puntuale, al momento è possibile tener conto soltanto di due parametri: occupazione ed unità locali 6 • Su tale base distingueremo tra industrie in espansione, industrie in riassetto e razionalizzazione, industrie in regresso. È ovvio, infine, che tale definizione va presa con tutte le cautele, dal momento che all'interno della distinzione operata vi possono essere singoli comparti in espansione, in via di riassetto o di regresso. Tra il 1951 ed il 1969 - come abbiamo accennato in precedenza - l'occupazione complessiva nell'industria manifatturiera campana è cresciuta, in termini assoluti, di quasi 27 mila unità, ad un tasso medio annuo pari a circa lo 0,5%. In pari periodo l'occupazione complessiva del paese è aumentata, sempre per quanto riguarda l'industria manifatturiera, di 1 milione e 340 mila unità, con un tasso di sviluppo pari all'l,5% in media all'anno. Nel Mezzogiorno essa è aumentata di 103 mila unità, ad un tasso medio pari allo 0,6% all'anno. In particolare, nel periodo 1951-1969 ,la Campania si situa al quattordicesimo posto tra tutte le regioni italiane quanto a sviluppo dell'o~cupazione manifatturiera; nel contesto delle regioni meridionali è superata dall'Abruzzo, dalla Puglia e della Sicilia. Vi è da aggiungere che l'andamento dell'occupazione varia a seconda dei singoli settori. In complesso, l'industria alimentare e del tabacco vede aumentare la sua occupazione di oltre 13mila unità ( +25,0%); nell'industria tessile l'occupazione si dimezza quasi, passando da circa 21 mila occupati a quasi 13 mila (-38,7% ); l'industria del vestiario, dell'abbigliamento, delle pelli e del cuoio mantiene pressoché costante il suo livello di occupazione, poco più di 84 mila occupati nel 1951 e poco meno di 89 mila nel 1969 ( +5,2%); il settore del legno e del mobilio perde occupazione 6 Va detto, inoltre, che i due parametri sono comparabili tra di loro solo in una certa misura, in quanto provenienti da fonti diverse: per l'occupazione le serie storiche dell'ISTAT, per le unità locali il citato studio del CESAN. 89 BibliotecaGino Bianco
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