• .. Italo Talia delle costn1zioni e con il settore dell'edilizia,_ ed in misura minore con quello agricolo, che all'interno dello stesso ramo manifatturiero. Di qui una precaria stabilità, larghi vuoti tra un co,mparto produttivo ed L1n altro, produzioni che si rivolgono unicamente al mercato nazionale ed internazionale senza incidere sostanzialmente sul sistema economico regionale, e altre produzioni il cui mercato· è soltanto locale, arretrato, a bassi livelli tecnologici, sopravvissute fi.110ad oggi so·prattutto grazie ad u11 relativo isolamento ambientale e ad 1111ascarsa compenetrazione dei mercati. Queste ultime industrie sono entrate definitivamente in crisi, mentre le prime mantengono un certo slancio; ma questo slancio si va smorzando, tese come sono le azie11de a rafforzare soprattutto la propria struttura interna. Se dunque il momento attuale vissuto dall'industria campana è uno di quei momenti critici in cui il « vecchio » è destinato a ringiovanirsi rapidame11te oppure a sco1nparire, mentre il « nuovo » stenta a trovare la strada per divenire adulto e maturo, va anche detto che tutto ciò va verificato, anche per indicare le vie da seguire in futuro e soprattutto per far sì che effettivame11te il vecchio- ringiovanisca ed il nuovo cresca. Con1unque, quello che· appare certo è cl1e la struttura e la fisionomia dell'industria campana sono destinate a mutare rapidamente nel giro dei prossimi anni; allo, stesso 1nodo, il tipo di domanda di lavoro che si verificherà in futuro, sarà notevolmente diverso da quello espresso per il passato 1 . Il processo di ristrutturazione. Dopo la seconda guerra mondiale, il censimento del 1951 offriva, per la Campania, un panorama indt1striale quanto mai sconfortante. Appena 1392 unità locali con più di 10 addetti, con t1n minimo cioè di consistenza _produttiva. Di queste il 26,2% era rappresentato da unità produttive operanti nella classe delle industrie alimentari ed affini, quasi il 21 % nelle industrie tessili, del vestiario e dell'abbigliamento, il 15% nella meccanica, che « come un fungo era sorta nella fase asfittica dell'autarchia, ed era cresciuta all'ombra dell'IRI ». Nel 1961 le unità locali operanti in Campania erano aumentate, con un ritmo sostenuto, di ~en il 54,2 %, ma i settori che costituiva110 il grosso ed il meglio resta1 Va detto che la presente analisi dell'industria campana tiene conto unicamente delle classi e sottoclassi del ramo manifatturiero, tralasciando l'industria estrattiva, quasi inesistente in Campania; l'industria delle costruzioni, scarsamente significativa del grado di industrializzazione raggiunto dalla regione; nonché l'industria elettrica, del gas e dell'acqua, più propriamente ascrivibile al settore dei servizi che non a quello industriale in senso stretto . 86 Bibiiotecaginobianco . .
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