Nord e Sud - anno XVIII - n. 142 - ottobre 1971

Antonio Guariglia l'agricoltura inglese ha n1esso a coltL1ra tutte le terre che aveva a disposizione, perché la maggior parte d.ella superficie agricola è destinata a pascolo, che può essere messo rapidamente a coltura nel momento in cui i prezzi dei prodotti •dovessero farne intravedere la co-nvenienza. Oggi l'agricoltura inglese è imperniata sul sistema del deficiency payments che permette l'a'1linea1nento al livello 1nondiale dei prezzi al consumo dei prodotti agricoli ed il pagamento di una integrazio,ne, per ogni prodotto, agli agrico1tori: tale integrazio,11.e viene fissata di anno in anno e per un certo stoccaggio di produzio,ne, in. modo da far •ricadere quel minimo di sostegno che viene concesso all'agricoltura sui co-ntribuenti tutti e non sui consumatori ed in 1nodo da non consentire un allargamento eccessivo delle pro-d11zioni. Un tale sistema può andar bene, però, per una agricoltura come quella inglese, che vede i1npegnato solo1 il 3-4% della popolazione attiva e che ha acquisito ·una sua efficienza essendo stata sempre sotto•p·osta alla concorrenza internazionale, in quanto non si è mai pensato ad una sua protezio,ne, se non nei limiti del deficiency payments, precedentemente descritto. Ma il motivo ispiratore inglese di puntare pit1 all'integrazione del reddito dell'agrico·ltore eh.e all'in,tegrazione del prezzo dei prodotti agricoli, ha forse già avuto la sua influenza su Mansl1.olt se il criterio per la formazione delle aziende agricole, nel quadro· della politica delle strutture, è stato portato dall'an1piezza delle superfici al reddito lordo raggiu11gibile a conclu.sione di un piano di trasformazione e di sviluppo. Resta, però, pur sempre valida l'obiezione che no1 i riteniamo fo·ndamentale al Piano !v1ansholt, cioè dell'impossibilità di una efficace politica delle strutture in concomitanza di una politica di so,stegno dei prezzi all'attuale livello. D'altra parte occorre, realisticamente, considerare come lo sviluppo del commercio internazionale si impernierà in futuro, inevitabilmente sulla esportazione dei paesi industriali verso quelli in via di sviluppo di prodo 1tti incorporanti elevate dosi di servizi di capitali e richiedenti tecnologie avanzate, di prodotti, perciò, prevalenteme11te industriali; allora non si potranno 1 precludere co1 mpletamente ai paesi in via di sviluppo gli sbocchi co1nmerciali delle loro produzioni agrico,le, favorendo la formazione di eccedenze comunitarie che non soilo saturano i mercati euro-pei, ma che, vendute con il so,stegno dei prezzi all'esportazione, vanno ad ingolfare anche i mercati extra-comunitari, determinando l'abbassamento dei prezzi mondiali. Il dibattito, quindi, s-ùi problemi comunitari no•n potrà che essere rivo1 lto nella prospettiva aperta da Mansholt, ma con l'intento• di trovare 76 Bi~Iiotecaginobianco

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