Nord e Sud - anno XVIII - n. 142 - ottobre 1971

Giornale a JJiu voci Se dunque si può concludere che fino alla Bufera l'itinerario ,spirituale di Montale ha seguì to una direzione prevedibile, svolgendo fino aùle estreme conseguenze il contenuto tragico che aveva caratterizzato gli Ossi di Seppia, un deciso punto di rottura ci semb 1 ra sia irnvece segnato da Sat-ura (Mondadori, 1971) che comprende ,la piì.1 rece1'1te produzione di Montale, dal '66 ad oggi. La raccolta non si presenta come un corpus unico, m'a si muove in più ·direzioni di denunci 1a e di conoscenza della realtà, per cui non· è difficile rinvenirvi, almeno a tratti, dei legami con le precedenti stagioni letterarie montaliane. Ma in molti casii le affinità rigt1ardano più la tematica che il tono del volume; ché, a rinnovare in moào inatteso il disco,rso di Montale, interviene un'ironia fortemente corrosiva, della qua,le bisogna ricercare la matrice non tanto nella lirtca, dove prevaleva una concezione del vivere assorta e severa, quanto nella p,rosa caustica ed elegante del Mo,ntale elzevirista; riappare infatti in Satura l'atteggiamento di amarezza divertita che impronta i racconti e le caricature della f'arfalla di Dinard e che riflette una dichiarata avversione per gli aspetti abnormi della vita e della cultura di oggi, così alienanti seppure ammantati di apparente modernirtà. La dissacrazione dei miti tipici del mondo contemporaneo avviene anz~tutto ·attraverso lo stile, orientato sui, registri dell'hu111our e del grottesco, con un intento ch.iaramente indicato dal titolo, nel quadro di un'antica tradizione satirica riinterpretata in chiave moderna. Da questa tendenza a,ll'ilrri,sione e al paradosso discendono l'adozione del « parlato » e del tono colloquiale, che, co,stituendo una costante della raccolta, pongono una netta distanza fra la poesia aspra di Satura e quella simbolilca e aillusiva degli Ossi e della Bufera. È da aggi tingere che se i,l nuovo stile sembra a tutta prima risp·ondere so,prattutto all'esi 1 genza dello scrittore di realizzare appieno la sua nativa vocazione antiletteraria e an,tiretorilca, risulta per altro verso evidente che nessun modulo espressivo poteva meglio aderire a dei contenuti così vivacemente polemici, quali il totale rifiuto dell'auto 1 re ad integrarsi in un mondo fatto di futilità e di conformismo e, per usare un'espressio·ne dello stesso Montale, il disagio « dell'homo sapfams dei nostri giorni, ormai del tutto dissociato e fatto a pezzi nel cuore di una società tanto più inumana quanto pjù si mostra riguardosa dei diritti della collettiviità ». Questa saggezza disincantata rappresenta l'ultimo stadio del pessimismo ideologico co,n cui Montale ha sempre guardato al cosiddetto progresso, del quale la ciiviltà del nostro ten1po non costituisce che l'uJ.tima sconcertante espressio,ne. Perciò il suo 11.0 che si era opposto in passato al fascismo e alla guerra, non meno che alla falsità della vita, si estende ora alle facili iillusio,ni e all'ottimismo scientifico del nostro secolo. Di qui le divagazioni filosofiche sulla vanità della storia ( « La storia non somministra - carezze o colpi di frusta; - la storia non è magistra .- di niente che ciJ riguardi - accorgersene non serve - a farla più vera e più giusta » ), e sul suo inesorabi,Ie meccanismo di semplificazione e di distruzione, cuii qualche volta è concesso 1sottrarsi solo per un misterioso gioco del caso ( « La storia non: è poi - la devastante ruspa che si dice -- Lascia sottopassaggi, cripte, bu57 Bibiiotecaginobianco

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