Pasquale Satalino è stata sostenuta freddamente la tesi che l'arretratezza italiana è da attribuirsi soltanto all'inerzia dei poteri nazionali e che qu1ndi non si può pretendere che sia l'intera Comunità a pagare un ritardo doloso, o quanto meno colposo. Lasciamo da parte ogni ap,profondimento di questa tesi, non del tutto infondata, e chiediamoci invece se - a tredici anni dalla firma dei Trattati - si possa ancora impostare il discorso in questi termini, senza il minimo sforzo di sintonizzare i diversi punti di vista. La risposta non può che essere negativa. Non è utile alla causa della Comunità - di cui il Mezzogiorno è parte integrante - quel dire e non dire a proposito delle aree arretrate: la loro esistenza viene ammessa, ma ci si limita a dire che si potrà fare di più, per trascinarle sulla via dello sviluppo, senza precisare quanto e come. Intanto i prezzi dei prodotti agricoli vengono aumentati, a vantaggio esclusivo delle regioni più organizzate. Chi ritenesse che l'ammissione dell'esistenza delle regioni arretrate co- ~tituisce di per sé un pas,so innanzi, farebbe bene a ricordare che questo passo fu compiuto già al momento della firma dei Trattati, e che si torna a compierlo abbastanza spesso, in occasione di accordi in seno al Consiglio dei Ministri. Anche la men1orabile risoluzione del 9 febbraio, con la quale si è dato av-vio all'unione monetaria, contiene un accenno ai problemi delle regioni in ritardo) senza peraltro che ciò abbia comportato alcuna conseguenza pratica. Uguale sorte rischia di toccare al memorandurn della Commissione sulla - politica regionale, a quello sulla politica industriale e perfino a quello specificamente adottato per inquadrare la politica a favore delle regioni agricole prioritarie. Nei rig11ardi di questi documenti l'Italia ha espresso le pro,prie perplessità, che il Gruppo dei n1eridionalisti pugliesi sottolineò non più tardi dii un anno fa in un documento stilato in occasione della visita a Bari dell'allora Presidente della Co,mmissione Europea, J ean Rey. Si è detto, nella stessa occasione, che il problema del Mezzogiorno non era e non è comparabile con altre situazioni di depressione esistenti in altri paesi e che abbisogna perciò di una analisi e di una prognosi particolari. Probabilmente la Commissione è disponibile per un discorso di questo genere, ma dagli altri partners verrà inevitabilmente un colpo di freno. In tema di p,olitica regionale l'Italia chiede che nel Mezzogiorno, considerato co1ne un'area particolarmente depressa, la Comunità effettui interventi specifici e non si limiti a seguire da lontano le vicende dello sviluppo. In tema di politica industriale il nostro paese chiede, analogamente, che la Comunità adotti politiche dirette di intervento e politiche di incentivi, invece di li1nitarsi a favorire la modificazione delle cond1zioni fisiche di localizzazione e a promuovere il coordinamento degli aiuti nazionali allo sviluppo. A quest'ultimo riguardo va sottolineato che il difficile lavoro di ricognizione dell'entità degli aiuti concessi ai vari paesi, pur essendo prossimo ad una prima conclusione, è ben lungi dall'aver portato ad una conoscenza chiara del problema e, conseguentemente, ad una effettiva p·o,ssibilità di armonizzazione degli aiuti stessi. Questi infatti sono innumerevoli, e nessun paese 54 Bibiiotecaginobianco . .
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