Girolamo Cotroneo (quanti fra di essi avevano letto, ad esempio, 1'1: Storia d'Europa di Croce?), aderirono alla Resistenza soprattutto per quella istintiva aspirazione alla libertà che, pure se talvolta inconsciame11.te, vive sempre all'interno dell'animo umano. Più cl1e una adesione calcolata, logica, razionale, con precise idee e concrete prefigurazioni del futuro, la loro fu una scelta emotiva, fu ribellione disperata alle frustrazioni, alle limitazioni intellettuali alle qt1ali era110 stati sino allora costretti: « on s' engage et puis on voit )> si potrebbe dire fosse il principio ispiratore di tutta la loro azione, il cui unico punto fermo co11sisteva nella conquista delle libertà politiche e civili. Né poteva essere diversan1ente. La pressoché totale disinformazione sugli altri paesi, sulle altre società, alimentavano il mito - come ha scritto « L'Espresso » presentando il tema - « delle distese di automobili parcheggiate dagli operai americani davanti ai cancelli delle loro fabbriche » o quello « delle distese di grano sovietico solcate da 'modernissimi trattori' », o ancora q11ello « elvetico-scandinavo delle bottiglie di latte deposte impunemente al limitare delle soglie dornestiche, ·sul marciapiede ». Ivla erano appunto miti, favoriti dalla mancanza di cultura, eterna genitrice di miti: e chi, se non gli uomini che - o a causa dell'esilio, o per precedenti esperienze culturali - erano stati a contatto diretto con quelle « società felici », potevano ora guidare e indirizzare finalmente anche l'Italia libera verso quelle organizzazioni sociali che agli occhi dei giovani vissuti nel limbo di Mussolini, rappresentavano la realizzazione di tutte le libertà, il compimento delle loro aspjrazioni? A quegli uomini quindi, ricchi di cultura e di esperienza politica., toccava 11aturalmente il compito di ricostituire la società italiana: i loro figli maggiori non potevano compiere il « parricidio » perché alla loro cultura e esperienza non potevano opporre nulla di eguale, nulla che non fossero i loro generosi sogni, i n1iti. di cui era110 facile preda: e questo, come dice Forcella, « era risultato chiaro sin dall'immediato dopoguerra, i giovani di allora lo capirono subito: o accettare la leadership o rimanere esclusi ed emargina ti ». Questo è stato certamente il mome11to essenziale, la svolta decisiva di tutte le successive vicende dell'Italia postfascista, che trovano appunto in questo importantissimo avvenimento l'ultima radice: perché fu in quel 1nomento che si frantumò l'apparente « una11imismo generazionale » che per una breve stagione sembrò acco18 Bibliòtecaginobianco . .
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