Nord e Sud - anno XVIII - n. 142 - ottobre 1971

• Manlio Rossi Daria strare come e perché - specialmente in. fur1:2ione -di quei settori per i quali il nostro merita il titolo di « Stato assistenziale » - quei vecchi mali si sono ingigantiti e hanno assunto forme che ai nostri nonni sarebbero apparse inconcepibili. Malgrado l'estrema gravità del male, tuttavia, penso che stiano crescendo nel Mezzogiorno forze capaci di combatterlo e di renderlo per lo meno tollerabile, se non di eliminarlo. È forse, a ben guardarlo, l'aspetto più grave della situazio,ne meridionale o almeno· immediatamente più preoccupante. Oggi tuttavia in questa discussione sarà solo, necessario averne coscienza e tener presenti i moniti che vengono da laggiù. Ho ricevuto - ma molti di voi hanno certamente simili testirnonianze - da un giovane amico meridionale una lettera, di cui leggo un brano a chiusura di questa pri1na troppo lunga parte del mio discorso : « Per le imminenti elezioni - egli mi scrive - ciascuno· d·ei nostri dirigenti ha piazzato il proprio uomo di fiducia o fratello che appoggia a spada tratta, senza minimamente cl1iedersi cosa rappresenta questo individuo per la collettività. Siamo ancora ai clans; ogni mandarino deve avere la sua posizione di potere a tutti i gradini. So che non ti dico cose nuove; il guaio, anzi il bene, è che oggi questo non viene più superato dal qualunquistico scrollamento di spalle dei cinquantenni o giù di lì, ma viene discusso, analizzato e giudicato dai giovani che, non avendo mezzi termini, vi rispondono urlando che in fondo niente è cambiato, ma che loro ci sono proprio per farlo cambiare. Co1 me? La stragrande maggioranza non lo sa; però sa che così non si può andare avanti. Dicono che avanti e indietro per la strada del paese non vogliono andare più. Hanno torto? ». Con questo, colleghi, ho finito· la prima parte del mio discorso. Nella seconda vorrei dall'analisi che ho fatto indicare le politiche che ne discendono e che noi dovremmo fare. Che, rispetto, alla politica del 1950 e -del 1965, la politica del Mezzo,giorno debba essere innovata, non c'è dubbio; non c'è, tuttavia, alcun bisogno, a mio avviso, ed alcuna utilità a sconfessare la politica precedente. Al contrario, si tratta di innestare le nuove sul corpo della vecchia, la quale, in quanto politica di preindu·strializzazione, ha sostanzialmente assolto i suoi compiti. C'è solo da biasimare il ritardo con il quale il cambiamento avviene e da correggere il criterio ispiratore d·ella legge del 1965. Da quanto si è detto risulta chiaro che, proprio perché l'evoluzione del Mezzogiorno• negli ultimi venti anni ha fatto maturare le situazioni che ho descritto, le politiche da realizzare sono oggi politiche dirette di sviluppo, tutte improntate cioè ad un criterio opposto a quello della 110 Bi_biòl tecaginobianco

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