Nord e Sud - anno XVIII - n. 136 - aprile 1971

• Argon1enti sempre di sicura attendibilità; le seconde, frammentarie, spesso non chiare, ma, in sé, incontrovertibili. La caccia agli indizi, l'ingegnosità nell'inq11adrarli, lo sforzo di interpretarli logicamente avvicinano di fatto in modo singolare gli archeologi agli investigatori; essi agiscono sulJa p•rima linea della ricerca storica co·me veri e propri ' detectives ' del passato. Forse per questo il loro lavoro appare coisì e1nozio·nante a quello stesso grande pubblico che si appassiona alla lettura dei racconti polizieschi o alle vicende dei processi. Come gli investigatori, gli archeologi non si contentano di studiare gli indizi già raccolti, bensì cerca110 attivamente di scoprirne altri nuovi, sempre più numero 1 si e significativi. Questo dinamisn1c è giustificato dal fatto che nel sottosuolo dei paesi di antica civiltà si nascondono ancora tesori immensi di testimonianze sepolte, ricchezze archeologiche praticamente inesauribili, talvolta appena sfiorate in s11perficie dal piccone, o addirittura ignorate e del tutto imprevedibili. Anche per questo l'archeologo si differenzia dallo studio delle memorie storiche tramandate attraverso le fonti letterarie. Il patrimonio sto,riografico è, salvo casi eccezionali, conosciuto definitivamente, concl11so nei suoi limiti, non piì1 suscettibile di accrescimento. La speranza di scoprire le decl1e perdute della storia ro•mana di Tito Livio è una chimera e può sedurre soltanto qualche spirito fantasioso. Viceversa le fonti archeologiche offrono possibilità sempre nuove al progresso, delle nostre co·noscenze attraverso gli scavi ». Con queste brillanti similitudini, giustificate dal largo interesse d·el pubblico per il romanzo delle civiltà sepolte, si rende felicemente in soldoni il nuovo ruolo dell'arcl1eologia come disciplina storica. La ricerca del mondo antico non è più un fatto estetico, un godimento principesco, un momento isolato ed esclusivo della cultura privata d'un singolo individuo; essa ha oggi per scopo un interesse generale, la ricostruzione della storia, per cui (con1e ha detto il grande archeologo inglese Sir Ro,bert Wheeler) oggi no11 scaviamo più « le co,se », ma « gli uomini ». Ciò significa cl1e con l'archeologia tendiamo ad estendere il pano,rama delle nostre conosce1ìze storiche e a ricercare i nessi più reconditi fra i popoli. Per questo, l'archeologia si apre alle masse; come è popolare la storia, così è diventata l'archeologia, ora che essa stessa .è storia. C'è da difendersi tuttora dalla « scavo•mania ». Questa tendenza è da condannare anche perché costituisce un male che non p1rende solo i dilettanti ma perfino i profes·sionisti, gli archeologi militanti. Chi scava a occhi cl1i11si viene meno all'impegno dell'archeo 1logia moderna, che è di reperire le tracce dèl passato· per ricostruirne la storia, sia essa culturale, sociale o politica. Gli scavi devono svolgersi con una visio,ne si75 Bibiiotecaginobianco

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