Nord e Sud - anno XVIII - n. 136 - aprile 1971

Alberto Pascale migratoria uno strascico di ritardatari destinati alla disoccupazione ed alla sottoccupazione. Quanti di questi nuovi imnugrati riusciranno ad integrars.i nel nuovo lavoro e nell'ambiente sociale al quale aip1 prodano? E quanti altri invece, incapaci, perché impreparati, di adattarsi alla disciplina e al metodo lavorativo dell'industria, o,p1 pure non riuscendo a trovare w1a occupazione continua e sicura, resteranno nella terra di nessu·no dei disadattati? Ed infme quanti immigrati --- calcolando per ogni lavoratore un p1robabile « seguito» di tre o quattro familiari -- si troveranno a soffrire della assoluta mancanza di servizi adeguati e ad affrontare condizioni di vita intollerabili? Queste condizioni inoltre offrono anche, con1e è noto, un campo assai fertile per le pressioni eversive e la protesta; per cui non è nep!p•ure da escludere, a scadenza più o meno breve, un fenomeno di rigetto sociale non più razzistico-emotivo, come quello del « non si affitta a meridio,nali » d1 una decina d'anni fa, bensì di natura economica da p,arte di quegli stessi in1:prenditori che oggi attingono dalle n1asse disoccu,pate del Sud. Oggi che la contrattazione di lavoro azien·dale ha as,sunto quasi una funzione di avanguardia rispetto a quella nazio,nale (la quale non la precede, come in passato, ma, anzi, la segue adeguan.dovisi), si è detto ohe la presenza dei sindacalisti in fabbrica con il conseguente rendersi conto da vicino di certe difficoltà e necessità di gestione, potrebbe rappresentare un vantaggio per l'imiprenditore; a condizione che il sindacato non subisca dalla base spinte massimalistiche le qual.i, come è noto, sono la ragione principale di certe sue posizioni di intransigenza. Per cui molti concludono che la risoluzione del problema sta nel rendere la base « ,più matura ». Sono, pochi, però, quelli che ravvisano in quella « immaturità » una comprensibile esasperazione e ne ricercano le cause; ohe poi si possono ridurre ad una sola, e assai evidente anche: lo squilib,rio fra zo;ne ad elevata concentrazione industriale e zone depresse; a grandi linee, fra Nord e Suid. Nelle regioni dell'Italia meridio·nale la società sta cambiando faccia e questo è do·vuto, in parte, ad alcuni fenomeni positivi, co.me lo sviluppo organico di certi nuclei industriali. Ciò non deve però spingere all'ottimismo, perché in quel cambiamento, almeno· p,er ora, sono più numerosi i tratti inquietanti che quelli rasserenanti. Per un'area industriale casertana o, salernitana che si es,pande, migliaia di ettari in quelle ed altre zo,ne si spopolano delle loro forze giovani, sostituendo alla precedente società rurale non una società industriale ma tante comunità slegate fatte di p·oche donne, alcuni bambini e molti anziani; mentre le migrazioni locali affollano le città del Sud di un sotto 1 proletariato inquieto dalle esplosioni a volte giacobine, a volte s~fediste o, peggio ancora, qualunquistiche. Il Nord, dal canto suo, è nella ben nota situazione di sovraffolla.mento (o almeno loi sono quelle aree del « triangolo » verso cui continuano a dirigersi le migrazioni) e di esasperazione di massa che, senza che ci sia bisogno di ricordare i risvolti violenti dell'autunno caldo, si manifesta quotidianamente con uno· stillicidio di agitazioni a livello aziendale. 54 Bibiiotecaginobianco

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