Giulio Picciotti del divorzio con le norme concordatarie, e :rivelò· che la Santa Sede aveva in precedenza i11oltrato sull'argomento note diplomatiche al governo italiano. La diplomazia segreta - si disse - cedeva il passo alla diplomazia pubblica. E fu tanto più sconcertante quel discorso del Papa dal momento che il governo italiano non aveva ritenuto opportuno informare dell'esistenza delle note vaticane il Parlamento e l'opinione pubblica. L'intervento di Paolo VI, che ebbe luogo dura11te una crisi politica, rese ancora più difficile la formazione di un governo: il divorzio era stato messo là come un ostacolo scottante sulla strada del centro sinistra. Il 6 marzo l'« Osservatore romano » interveniva in merito alla crisi di governo afferma11do da un lato che il divorzio non era « la sola questione della permanente difficoltà tra i partiti di centro sinistra », e richiamando dall'altro lato la DC ad un « corretto rapporto con la Santa Sede » in ragione dei voti cattolici di cui beneficia: « la dichiarata irriducibile intransigenza dei partiti laici dovrebbe renderli almeno comprensivi della esigenza di coerenza morale e politi.ca sul tema vitale della f amiglia e del corretto rapporto con la Satzta Sede della D.C. alla quale va il suffragio dei cattolici su una comune base etica e programmatica irrinunciabile ». Fu in quel momento che il mondo cattolico mostrò con chiarezza una differenziazione interna nella valutazione non solo della legittimità di un intervento della gerarchia ìn una materia che era già stata esaminata da un ramo del Parlamento, ma anche della stessa concezione dei rapporti tra Stato e Chiesa quali sono espressi nel Concordato 1 • 1 Tre gesuiti professori dell'Università Gregoriana, Diez - Alegria, Tufari e Pin rimproverarono alla gerarchia di voler imporre attraverso il « braccio secolare» dello Stato una propria verità; sulla rivista « Aggiornamenti sociali » dei gesuiti di Milano Angelo Mocchi S. J. sostenne che nell'ambito cattolico esistono legittime disparità di vedute sull'opportunità o meno di matenere in vita un regime concordatario e di essere personalmente convinto che la tutela della libertà religiosa può essere garantita in una società civile anche senza l'esistenza di un concordato; la rivista « il Regno » giudicò « ingiustificata e strumentalizzante » la polemica sul divorzio, il quale « non impedisce al cristiano di comportarsi da cristiano in materia, matrimoniale»; la Comunità ecclesiale romana affermò che il divorzio è una « scelta tipicamente politica » e su di essa come tale « la Chiesa non ha nulla da dire». La polemica divenne serrata. La Curia generalizia dei gesuiti rifiutò di sconfessare i tre professori della Gregoriana: un comunicato emesso al termine di un dibattito presieduto dal padre generale Pietro Arrupe rilevò nell'articolo opinioni in contrasto con la Santa Sede, ma affermò che alcuni argomenti in esso trattati « possono essere liberamente discussi »; la radio vaticana attaccò i tre gesuiti, che ricevettero il consenso e la solidarietà di docenti e studenti della Gregoriana. Si giunse così ad un nuovo intervento di Paolo VI, 1'11 marzo, e a 34 . . Bibiiotecaginobianco
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