Italo Talia munque, è pi11·vera della prima -, il vero n~do da· sciogliere (come avverto110 anche i meridionalisti comunisti) riguarda, come si diceva, per usare le stesse espressioni dei sindacati, il fatto che non si è riusciti a sufficienza, finora, « ad allargare la piattaforn1a di lotta per le riforme ai temi dell'occupazione ». A nostro avviso, cioè, i sindacati stentano ancora ad uscire dal dilemma - e l'ultimo sciopero generale per i problemi della casa ce ne ha dato conferma - se ricl1iedere più a1npi investimenti sociali per aumentare le retribuzioni di fatto dei lavoratori già occupati o richiedere più ampi jnvestimenti direttamente produttivi per realizzare nel Mezzogiorno l'obiettivo della piena occupazione. Certo i sindacati hanno mostrato, e si veda al riguardo quanto scrive la rivista « Adesso » nel numero di ge11naio di quest'anno, « piena comprensione politica di questo pericolo con il loro documento sul Mezzogiorno: ma fino a che p11nto hanno la capacità di resistere nell'inevitabile maggiore te11sione che viene dalla congestione? » Fino a che punto, insomma, quella che Augusto Graziani chiamava la svolta meridionalista per. i sindacati è stata compresa dai sindacati stessi nel loro doct11nento, nel senso appunto che una « politica di concentrazione degli investimenti industriali nelle regioni meridionali ..., al giorno d'oggi, risponde anche agli interessi dei lavoratori del Nord, in quanto consente di evitare le conseguenze della co11gestione, che consistono, anzi_tL1tto, in una erosione inarrestabile del potere di acquisto dei salari »? « Nella situazione attuale », aggiungeva Graziani, « un orientamento deciso verso un più cospicuo flusso di investimenti nel Mezzogiorno rappresenta · un mezzo per la difesa del salario reale anche e anzitutto per i lavoratori del Nord ». E fino a che punto, al contrario, i sindacati sono ancora, essi per prin1i, vittime - co1ne denunciano nel loro documento - di una sitt1azione che tro,,a oggi, come trovava ieri, la « sua base strutturale negli squilibri_ territoriali e settoriali del paese e nel diffuso grado di arretratezza del Mezzogiorno, che fino ad ora ha svolto una funzio11e subordinata alle necessità di espansione delle aree e dei settori più avanzati »? Non vi è dubbio che effettiva1nente, da questo punto di vista, la risposta che può trarsi dal primo documento dei sindacati sia parzialmente positiva. Infatti, per quanto riguarda gli strumenti - a parte qualche divagazione che non rientra affatto nella politica di sviluppo delle regioni meridionali, come il conte11imento dei prezzi delle rr1aterie prime per l'edilizia, o che addirittura sarebbe estreman1ente dannosa per l'economia meridionale, come una po26 Bibiiotecaginobian.co
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