L'Italia all'alba del secolo XX data su un ordi11amento cesaristico di marca giocabino-napoleonica senza che ne po,ssedesse i presup·posti. In questo ordinamento operarono dall'intimo di una co,m.pagine popolare allo stato caotico, potenti forze centrifughe, che se pure co,artate e sopraffatte dalla violenza accentratrice, non ha,nno1 mai cessato, di agire quali ostacoli e impedimenti al conseguimento di una unità rr1orale ed effettiva. Il p,rincipale e certo il più grave di codesti ostacoli è costituito da quella che si chiama tutto,ra la « questione meridionale », e che si concreta in una diversità fondamenta,le fra Nord e Sud d'Italia: diversità così netta e radicale da far di queste contrade, due terre fra loro straniere. Il problema fu sentito 1 immediatame11te dopo la unificazione: già il D'Azeglio pro·nunciava la nota sentenza: « fatta l'Italia debbono essere fatti gli italiani »; e il Cavo.ur, nella sua acutezza di vedute, sentì profondamente questo problema, che gli ispirò parole assai gravi anche in punto di morte. La questione delle autonomie regionali è strettamente connessa con la questione meridionale; e ancora durante l'ultimo ministero piemontese presieduto dal ·Cavour, il Mingl1etti presentò il disegno di legge sul decentramento, respinto in seguito ,della Commissione parlamentare. Il Nord e il Sud d·ella penisola, che avevano assunto una certa omogeneità nell'epoca romana, iniziarono a perderla col progressivo decadimento dell'Impero. Venuta meno la vis atractiva di Roma, il Nord gravitò verso l'Europa centro-occidentale, il Sud verso l'Oriente. La frat- ,tura diven,ne definitiva col sorgere della Seconda Roma che, erettasi in Stato pontificio, venne a incunearsi fra le due estremità ,peninsulari, esercitando, una azione centrifuga che non cesserà fino al 1870. L'unificazione si trovò di fronte a una grave situazione economica, aggravandola a sua volta fino a renderla disperata. L'occupazione piemontese, con l'annientare la fragile economia del Mezzogiorno, introdusse un debito pubblico e un sistema tributario che succhiarono fino all'ultima goccia il sangue al contadino meridio·nale, piombato rapidamente nella miseria più 1desolata e senza scampo· 92 • Ma la situazione si venne via via aggravan,do col trascorrere degli anni: le leggi p·rotezio.nistiche del 1868, che determinarono la rottura dei rapporti economici con la Francia, generarono conseguenze catastrofiche 92 Le entrate del Regno di Napoli per il 1,860erano state preventivate in Lire 110.409.676;,quelle della Sicilia per il 1858, in Lire 41.180.000. Ed ecco le entrate versate dalle provincie continentali dell'ex Reame nell'esercizio 1895-96: ex Reame, Lire 321.812.142,62; Silicia Lire 112.445.887,59. Entrate delle provincie: ex Reame. Lire 36.171.992,00; Sicilia·, Lire 13.343.737,00. Entrate dei Comuni: ex Reame, Lire 137.904.932; Sicilia, Lire 62.063.866 (G. FORTUNATO, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano, Laterza, Bari, II, pag. 129 segg.). · 125 Bibiiotecaginobianco
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