Nord e Sud - anno XVIII - n. 136 - aprile 1971

I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Francesco Compagna, Cronache dell)industrializzazione - Italo Talia, I sindacati per il Mezzogiorrzo - Giulio Picciotti, Concordato e referendum - Antonio Spinosa, Dall' archeologia alla storia - Antonino Répaci, L) Italia all)alba del secolo XX e scrzttz di Vittorio Barbati, Ugo Leone, Alberto Pascale, Federico T ortorelli. ANNO XVIII - NUOVA SERIE - APRILE 1971 - N. 136 ( 197) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibliotecaginobianco -

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I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVIII - APRILE 1971 - N. 136 (197) DIREZIONE E REDAZIONE Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Te]ef. 393.346 Una copia L. 600 - Estero L. 900 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 -. Italia annuale L. 5.000, semestrale L. 2~700- Estero annuale L. 6.000, semestrale L. 3.300 - Fascicolo arretrato L. 1.200 - Annata arretrata L. 10.000- Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibliotecaginobianco

. SOMMA-RIO Editoriale [ 3 J Francesco, Compagna Cronache dell'industrializzazione [ 8] Italo Talia I sindacati per il Mezzogiorrzo [23] Giulio Picciotti Concordato e referendum [33] Giornale a più voci Ugo Leone La raffirieria nel giardino [49] Alberto Pascale La « base » immatura [53 J Federico Tortorelli Una legge-quadro per la natura [58] Argomenti Vittorio Barbati I problemi di itno Stato moderno [61] Antonio Spinosa Dall'archeologia alla storia [72] Saggi Antonino Répaci L'Italia all'alba del secolo XX [96] Bibiiotecaginobianco

Editoriale Qitalcosa si nzuove nella DC: il disin1pegno dei repitbblicani e la forzatura verso gli « equilibri più avanz.ati » che è stata preannunciata dal Comitato centrale del PSI e sollecitata da quello del PCI hanno portato nella DC ad un ripensamento sul centro-sinistra. E se da parte di coloro che harino firmato il cosiddetto « documento degli 80 » si è voluto intimare un « altolà » a coloro che vogliono, anche dall'interno della DC, forzare i confini della maggioranza e marciare verso gli « equilibri più avanzati », c'è stato anche, in pari tempo, qualche accenno· significativo di riflessione critica su questi « equilibri più avanzati » da parte di coloro che fino ad oggi erano sembrati i più « impazienti » nei confronti della « coabitazione » di centro-sinistra. In un suo articolo pubblicato sul settimanale « Sette giorni» (vicino alla corrente di « Forze nuove ») e intitolato appitnto: Le impazienze della coabitazione, Piero Pratesi ha scritto che « il punto nevralgico dell'attuale fase è proprio quello di recuperare i socialisti ed i repubblicani ad un coeren.te impegno nel centro-sinistra che sbarri la strada al disegno moderato e consenta la ripresa del cammino ». E risulta dal testo dell'articolo che l'autore: 1) considera il « disimpegno lamalfiano » interessante sia per le 11zotivazioni critiche che lo hanno deter,ninato, sia per le prospettive politiche che potrebbe dischiudere; 2) critica « la prospettiva d·egli equilibri più avanzati » che i socialisti, e più ancora i comunisti, hanno « giudicata praticabile come politica di oggi», ma che « sconta la rottu.ra della DC per recuperare la sua sin.istra appunto agli equilibri più avanzati », e comunque lascerebbe il paese « in questo stata di decomposizione, quanto meno fino alle elezioni presidenziali o fino alle elezioni politiche, e potrebbe provocare gravi contraccolpi a destra, specialmente all'interno della DC »; 3) condanna severamente quegli esponenti delle sinistre democristiane che si sono lasciati andare .ad « ùnpietosi necrologi del centro-sinistra »; 4) lascia intendere che la formula degli· « equilibri più avanzati » non dev'essere interpretata in termini di « morte del centro-sinistra », in termini di spostamento a sinistra fra i partiti, ma in termini di sp·ostamento a sinistra nei partiti di centro-sinistra, per una politica di risanamento economico e finanziario, di riforme che incidano sitlla società e abbiano capacità di durata istituzionale, di superamento della «decomposizione» politica che minaccia l'avvenire del paese. In realtà, .Pratesi attribuisce a Forlani prave intenzioni di controf3 Bibiiotecaginobianco -

Editoriale fensiva moderata: nel senso che, a suo giudizio, Fo'rlani vorrebbe umiliare il PSI e le sinistre democristiane; e soprattutto, « scontando un rifiesso conservatore in conseguenza di un peggioramento della situazione economica e di un ulteriore slabbramento dei piani governativi delle cosiddette riforme », vorrebbe risolvere il problema della maggioranza nel partito in modo da « garantire alla DC il consenso dell'elettorato di destra », e quindi tagliando fuori le sinistre che non siano disposte u fornire un.a copertura al suo « disegno ». D'altra parte, secondo Pratesi, quel che è peggio è che da sinistra, da tutta la sinistra, ed in particolare dalle sinistre democristiane ( « la sinistra continua a proporre una politica che nei risultati immediati coincide con quella attribuita all' on. Forlani » ), si fa tutto quello che non si dovrebbe fare se si volesse efficacemente con.traslare il « disegno » attribuito a Forlani ( « c'è, in, fondo, alla base di certe posizioni della sinistra una mitologia a rovescio del centro-sinistra: quasi fosse il male ed il 'nemico principale'»). Ora, noi non sappiamo se e fino a che punto si possa attribuire a Forlani un « disegno moderato », inteso a promuovere un.a controffensiva moderata (anche sul moderatismo c'è una « mitologia» che non consente di riconoscere i confini della realtà) per il superamento a destra del centro-sinistra. Se si vuole dare questa in.terpretazione dell'ultimo discorso di Forlani, quello al gruppo parlamentare della DC, si dimentica che Forlani prendeva la parol.a all'indomani di quel Comitato centrale dei socialisti che si era lasciato andare a precipitose· affermazioni, provocatorie nei confronti di una buona parte della DC, onde le reazioni che nel gruppo parlamentare di maggioranza relativa si erano manifestate, dovevano essere recepite per essere controllate. Comunque sia, quando questo numero di « Nord e Sud» sarà pubblicato, ulteriori e rilevanti indicazion.i politiche saranno state fornite dal Consiglio nazionale della DC, convocato per _il 19 aprile .. Si potrà allora verificare quale fondamento abbia il processo a Forlani che una parte delle sinistre democristiane sembra voler intentare, percl1é Forlani sarebbe l'uomo del superamento a destra del centro-sinistra. D'altra parte, noi abbiamo sempre ritenuto (e più che mai siamo di quest'opinione) che il pericolo di un superamento a destra d'el centro-sinistra, più che dal « disegno » di un uo:710, di una segreteria, di una corrente, deriva dal tentativo di superamento a sinistra del centro-sinistra: in termini di schieramento, di « equilibri più ava11zati », di apertura ai comunisti. Perché questo tentativo è non solo velleitario, ma tale da mettere in crisi il solo quadro politico nell'ambito del quale le sin.istre democratiche possono far valere così la loro forza come le loro ragioni, i loro programmi e soprattutto una loro concezione delle riforme. 4 Bibiiotecaginobianco

Editoriale In questo senso concordian10 senz'altro con Pratesi: non conviene affatto alle sinistre democratiche di proclamar morto o moribondo il centro-sinistra. D'altra parte, non vogliamo certo rimproverare a Pratesi di essersene reso conto, lui o altri suoi amici, soltanto oggi. Ma non possiamo non ricordare che, a nostro giudizio, all'indomani delle elezioni del 1968, repubblicani, sinistre democristiane e socialisti unificati avrebbero dovuto concordare la loro azione per un rilancio effettivo del centrosinistra~ o, meglio, per quello che Pratesi definisce « un coerente impegno nel centro-sinistra che sbarri la strada al disegno moderato e consenta la ripresa del cammino». Non è mai tardi per chi vuole « riprendere il cammino ». Quanto meglio, però, sarebbe stato riprenderlo da allora. Ne avremmo ora percorso un buon tratto. Ma allora i socialisti si disimpegnarono per poi spaccarsi; e le sinistre democristiane hanno praticato una politica di scavalcamenti che ha contribuito non poco a spaccare i socialisti e ad indebolire lo schieramento delle sinistre democratiche e più ancora a ren,dere confusa e velleitaria la politica di un centro-sinistra che ci si compiaceva appunto di dichiarare morto o moribondo, o quanto meno non autosufficiente ai fini della strategia delle riforme. Di qui la « decon1posizione » ora lamentata da Pratesi: un processo che non può essere arrestato, e invertito, che da una ricomposizione dello schieramento delle siriistre democratiche . . In questo senso, l'appello di Pratesi per un « recupero » dei socialisti e dei repubblicani merita di essere preso nella più attenta considerazione. E per quanto• riguarda i repubblicani, quando si riconosce, come Pratesi riconosce, che, all'origine del recente loro disimpegno, c'è la « esigenza positiva » della loro ormai antica, e più che mai attuale, « richiesta di coerenza nella impostazione globale della politica economica, del collegamento diretto tra la politica congiunturale e la politica delle riforme », si può ben dire che ci sono già le premesse di questo « recupero », se « recupero » lo si deve chiamare; e soprattutto si può ben dire che ci sono le premesse per cominciare a sciogliere i troppi nodi che si sono l'asciati aggrovigliare nei rapporti fra repubblicani e sinistre democristiane, rapporti che eran.o stati di stretta e feconda collaborazione n.egli anni di preparazione, avvio, rodaggio del centro-sinistra. Del resto, a testimoniare di un certo chiarimento in questi rapporti, e di un chiarimento sul terreno delle cose, prima e più che sul terreno delle formule, c'è stato, negli stessi giorni in cui veniva pubblicato l'articolo di Pratesi, iLn discorso di Scotti alla Camera, sul bilancio dello Stato: discorso convergente con quello che avevano fatto i repubblicani, a partire dalle loro osservazion.i al libro bianco sulla spesa pubblica: coincidente anche e significativamente da un. lato nella critica al « popu5 Bibiiotecaginobianco

Editoriale lismo cattolico » ed alla « vulgata marxista >> che appannano la visione di politica economica rispettivamente della DC e del PSI e dall'altro nella critica alla « vulgata » del primo programnza quinquennale di sviluppo « che non ha certo contribuito alla chiarezza ed alla lungimiranza dell'azione delle forze politiche che l'hanno sostenuta». Pertanto, se si tratta di « riprendere il cammino », se si tratta di ritrovare la coesione nella coerenza, se si tratta di fare le riforme in modo che incidano in termini di sviluppo civile del paese e che non siano soltanto strumentalizzate ai fini di una autoiden.tificazione delle forze politiche di sinistra in termini di generica socialità, al di qua dei limiti segnati dai residui di « populismo cattolico » o di « vulgata marxista», non dovrebbe essere difficile portare avanti un discorso già avviato di chiarimento sugli impegni e sugli obiettivi di un centrosinistra cui si volesse restituire la fiducia in se stesso e lo slanciai ideale che aveva alle origini. Non dovrebbe essere difficile, questo, in un settore nevralgico dello schieramento di centro-sinistra, come quello alla giuntitra fra repubblicani e sinistre democristiane. L'irLcognita che si deve allora risolvere è se si possono coinvolgere i socialisti in questo discorso: nella misura in cui Mariotti si è contrapposto a Bertoldi, sem.bra cJze maturi qualcosa di interessante anche fra i socialisti; e una sollecitazione, o provocazione, come quella dell'articolo di Pratesi che abbiamo largamente citato, potrebbe valere anche per accelerare questa maturazione. _Maintanto l'autocritica delle sinistre, democristiane e socialiste, per approdare a risultati convincetzti, deve investire la questione dei danni che ha provocato· alla politica di centro-sinistra quella che Matteucci ha chiamato la « sinistra psicologica »: tale, « perché non ha alle spalle un sodo retroterra culturale e, volen.do essere soltanto più incisiva, più avanzata, più puniti~a, è succube ad ogni slogan che venga da sinistra, tanto dal PCI che dai movimenti della contestazione » ( e, potremmo aggiitngere, dai sindacati, onde conzincia a porsi per le sinistre democratiche anche u·n problema di autonomia dai sindacati, più ancora che di autonomia dei sindacati). E innanzitutto, se si vuole itn « coerente impegno nel centro-sinistra », si deve essere coscienti dell'esigenza che tale impegno non sia inquinato, e contraddetto, da quella « dinamica dello scavalcamento » che conferisce alla « sinistra psicologica » un potere contrattuale sproporzionato rispetto al suo reale peso politico, misurato sia in rapporto alle forze parlamentari che sostengono i governi di c-intro-sinistra, sia in rapporto a « quella parte dell'elettorato italiano che ha votato e vota per i partiti di centro-sinistra »; e non si d'eve, d'altra parte, etichettare come « spostato a destra» ogni lodevole sforzo 6 Bibiiotecaginobian.co

Editoriale di chi responsabilmente, e anticon.formisticamente, cerca di libe~are la sinistra italiana dai vincoli di inefficienza cui la costringono i petulanti catechismi della « sinistra psicologica » ed il conformismo nei confronti degli slogans che quest'ultima scambia per manifestazio11i di p·ensiero politico, quando sono soltanto 1nanifestazioni di arretratezza, o di improvvisazione culturale. • 7 Bibliotecaginobianco •

Cronache dell'industrializzazione di Francesco Compagna La politica dei presepi. È stato approvato, prima dal Se11ato e poi dalla Camera, un disegno di legge per il finanziamento della Cassa: si tratta del finanziamento di 262 miliardi per prorogare al 31 dicembre 1971, in attesa dell'approvazione della nuova legge e del nuovo piano di interventi, l'efficacia del vecchio piano (1966-70). La Cassa rischiava infatti di rimanere fern1a, in quanto i mezzi finanziari per portare a compimento i suoi programmi già in corso di esecuzione (programmi di irrigazione e di sistemazione del suolo, per un verso, e programmi relativi all'industrializzazione, per u11 altro verso) sono venuti a 1nancare da tempo, nel senso che quelli disponibili risul- · tano tutti impegnati. Per brevi che possano essere i tempi di approvazione della nuova legge, questa, nella migliore delle ipotesi, non potrà essere operante, dal punto di vista del finanziamento, prima del 1972. Si doveva, quindi, provvedere per il 1971, con un finanziamento-ponte. C'è da domandarsi, tuttavia, se i 262 miliardi, stanziati dal disegno di legge approvato dalle Camere tra la fine di marzo ed il principio di aprile, siano sufficienti ad assicurare la continuità dell'intervento straordinario e ad evitare che risultino compromessi i tempi di attuazione di taluni programmi di investimento già « contrattati » con le aziende interessate e già tecnicamente impostati anche per quanto riguarda la scelta della localizzazione. È lecito doma11darsi, cioè, fino a cl1e punto potrebbero risentire di una insufficienza del finanziamento-ponte della Cassa per il 1971 programmi di investimento come quelli della Fiat a Cassino, Termoli, Vasto, Sulmona, Brindisi, Lecce e Nardò, della Pirelli a Battipaglia, Bari,· Messina e Chieti, dell'Anic a Manfredonia, della SIR a Porto Torres e a11cora a Battipaglia, dell'Alfa Sud a Pomigliano, della Snia ad Ascoli Satriano ecc. ecc. E se si pensa che la stessa domanda può essere formulata per le piccole e medie i11iziative che hanno estrema necessità di credito e di co11tributi, così come può essere formulata a proposito della realizzazione di infrastrutture specifiche a sostegno delle aree ind11striali e a proposito 8 Bibiiotecaginobianco

.. Cronache dell'industrializzazione del completamento delle reti di irrigazione, non si può non ritenere che 262 miliardi siano un minimo che non corrisponde al n1inimo delle necessità piì1 pressanti. Ma su questo minimo si è voluto incidere con un en1endamento presentato al Senato dal solito sen. Scardaccione e sconsideratamente approvato dai senatori, onde i deputati si sono poi trovati nella condizione di dover avallare il testo del Senato, perché avrebbero provocato un ritardo nel finanziamento-ponte qualora avessero voluto sopprimere, in conflitto con il Senato, l'emendamento in base al quale « il Comitato dei ministri per il Mezzogiorno, in fase di coordinamento, e la Cassa per il Mezzogior110, in fase applicativa, destineranno 50 miliardi della somma stanziata alle opere civili (asili, strade di collegamento dei centri abitati con la campagna o a strade di importanza primaria, acquedotti, fognature, campi sportivi, cin1iteri, ambulatori, linee elettriche, pavimentazioni stradali interne, ecc.) nei comuni manifestanti particolare depressione, con speciale riguardo a quelli classificati montani a norma della legge 25 luglio 1952, n. 991 ». Questa è la politica dei presepi, come politica di assistenza al Mezzogiorno e non come politica di sviluppo del Mezzogiorno. Comunque, è una politica che prescinde da una serie di co11siderazioni che pure si dovrebbero ritenere scontate dopo quanto si è detto e scritto in questi anni: che, anzi, contraddice a queste considerazioni. 1. C'è nel Mezzogiorno una redistribuzione per tipi di insediamento delle popolazioni; e non si può pretendere che le nuove generazioni non abbandonino i presepi. Li abbandoneranno malgrado gli asili, i cimiteri e le altre belle cose cui la Cassa dovesse aver provveduto con i 50 miliardi dell'emendamento proposto dal se11. Scardaccione. Infatti, le ragio11i per le quali si era andati a vivere e si continuava a vivere i11 quei presepi sono tutte venute meno: i saraceni, i briganti, la malaria. Così le pianure, le coste, i fondovalle, sono diventati abitabili ed attirano le popolazio11i stivate fino ad oggi nelle zone più interne e più impervie. Invece di puntellare i presepi in queste zone più inter11e e più impervie, si dovrebbero dunque attrezzare gli insediamenti delle pianure, dei fondo-valle, delle coste, in modo che possano accogliere coloro che scendono dai presepi. È la questione del Mezzogiorno cittadino da fondare sulle rovine del Mezzogiorno contadino. È la questione dell'intervento straordinario 4a concentrare nelle aree più suscettibili di un rapido ed intenso sviluppo. È la questione dei posti di lavoro da creare nel Mezzogiorno industrializzabile per evitare che coloro 9 Bib'I iotecaginobianco

Francesco Compagna i quali abbandonano i presepi debbano emigrare fuori del Mez- . zog1orno . . 2. Le « opere civili » cui dovrebbero essere destinati 50 dei 262 miliardi del finanziamento-ponte dell 1interve11to straordinario rientrano nelle tipiche competenze dell'intervento ordinario (magari anche e soprattutto delle Regioni); e, nella mist1ra in cui si vuole farle rientrare nelle competenze dell'intervento straordinario, si dà un'ulteriore spinta alla degenerazione di quest'ultimo da aggiuntivo in sostitutivo, in contraddizione con lo spirito della n11ova legge. Così il disegno di legge per il finanziamento-ponte della Cassa, invece di configurarsi come anticipazione e saldatura rispetto alla nuova legge, si configura come provvedimento di retroguardia. Ma naturalmente il sen. Scardaccione proporrà adeguati emendamenti anche alla nuova legge, per far sì che la politica meridionalista sia degradata da politica dei progetti intersettoriali ed interregionali a politica dei presepi! 3. La dispersione territoriale e settoriale l1a sempre insidiato l'efficacia dell'intervento straordi11ario per lo sviluppo del Mezzogiorno. Ma più che mai la insidia quando risulta che 262 miliardi non sono sufficienti a far fronte a tutte le esigenze che si sono accumulate per l'industrializzazione, l'irrigazione, la sistemazione del suolo; e quando programmi di investim~nto già contrattati e molto impegnativi possono essere compromessi nei loro tempi di attuazione perché il contraente pubblico non dispone di tutti i mezzi necessari per fare la sua parte. I 50 miliardi sottratti ai 262 per interventi nei « Comuni manifestanti particolare depressione » comportano chiaramente una dispersione territoriale e settoriale dell'intervento straordinario, sia pure limitata all'anno del finanziamento-ponte. Ma soprattutto comportano la subordinazione alla politica dei presepi di priorità impegnative ed incalzanti. Tenuto conto di queste considerazioni, non si devo110 sottovalutare le conseguenze negative che a11che per la nuova legge possono derivare da atteggiamenti e iniziative che mirano a far degenerare la politica meridionalista nella dispersio11e degli interventi. Sono atteggiamenti ed iniziative che, quando non risultano a carattere elettoralistico (i deputati ed i senatori di collegi nei quali si possono raccogliere voti dichiarando che si deve industrializzare il presepe), risultano discendere da una concezione assistenziale della politica meridionalista e magari dalla convinzio11e che il Mezzogiorno contadino sia buono e quello cittadino cattivo. Ma anche ammesso e non 10 Bibiiotecaginobian.co

Cronache dell'industrializzazione concesso che il Mezzogiorno contadino sia buono, resta il fatto che era ed è miserabile; che tale resterebbe anche a spendervi 50 o 500 miliardi per « opere civili »; e che, comunque, è condannato. · Naturalmente, quando parliamo di Mezzogiorno cittadino da fondare, non ci riferiamo affatto ai capoluoghi soltanto, ma anche a quegli insediamenti minori che, grazie alla loro posizione, risultano su.scettibili di progresso urbano. E fra questi vi sono quelli che si sviluppano a valle dei vecchi presepi, intorno ad uno scalo • ferroviario, lungo una grande strada di comunicazione interregionale; cosicché, al presepe che non può non morire, si sostituisce il nuovo centro che può vivere e può svilupparsi: non se1npre, ma spesso. Ecco: il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, in fase di coordinamento, la Cassa per il Mezzogiorno, in fase applicativa, tengano rigorosamente conto, nel decidere come spendere i 50 miliardi per i « Comuni manifestanti particolare depressio11e », della possibilità di spenderli realizzando « opere civili » là dove nasce e cresce un insediamento che si sostituisce a quello destinato ad estinguersi. · Reggio strizza l'occhio a S. Eufemia. Ma allora questo V Centro siderurgico si fa o non si fa? E si fa a Gioia Tauro? Ed è vero o non è vero che questa sua localizzazione comporta, come noi abbiamo scritto nell'editoriale del numero di febbraio di « Nord e Sud » e su « Pa11orama » del 25 febbraio, un costo di circa 200 miliardi superiore a quello che comporterebbe la localizzazione a S. Eufemia o a Crotone? Ed è vero, i11fine, che questo costo superiore si deve sopportare (e sarà scaricato dall'IRI sulla Cassa per il Mezzogiorno, onde le risorse di questa saranno assottigliate per far fronte a questo costo e dirottate da altre destinazioni conformi ai compiti della Cassa) perché i socialisti vogliono compensare la provincia di Reggio dopo averla tagliata fuori dal compromesso in base al quale· l'U.niversità avrà come sede Cosenza e la Regione avrà come sede Catanzaro? È vero cioè o non è vero che quella di Gioia è una scelta forzata di localizzazione, imposta all'IRI perché Gioia è in provincia di Reggio e S. Eufemia, come Crotone, in provincia di Catanzaro? Pare ormai deciso che l'impianto -siderurgico sarà localizzato a Gioia Tauro. Ma si è compreso fin troppo che a questa localizzazione l'IRI non è favorevole, in quanto avrebbe preferito una delle altre due prese in considerazione, se non addirittura una localizzazione in Sicilia. Così come si è compreso· fin troppo cl1e la deci11 Bibliotecaginobianco -

Francesco Compagna sione del CIPE è stata condizionata dalle pressioni dei socialisti, e dell'on. Mancini in particolare, a favore della scelta di Gioia Tauro (sembra che l'on. Principe fosse invece propenso a preferire la scelta di S. Eufemia). Quello che però non si è compreso, che non risulta del tutto chiaro, è il discorso sul costo superiore di 200 miliardi a Gioia Tauro rispetto a Crotone e S. Eufemia. Certo, questo discorso è stato fatto circolare ed è stato alimentato da fonti di informazione e di indiscrezione che fanno capo all'IRI. Ma l'IRI non lo ha fatto esplicitamente, pubblicamente, ufficialmente; e comunque non lo ha documentato per il pubblico. Si dovrebbe ritenere che lo abbia documentato per il CIPE. E tuttavia, resta qualche dubbio circa la fondatezza di un discorso che pure ha suscitato serie e gravi perplessità sL1imetodi della politica meridionalista e della contrattazione programmata. Dobbiamo riferire, per esempio, che, in seguito all'accenno che abbiamo fatto su « Nord e Sud » e su « Panorama » ai 200 miliardi di costo superiore per la localizzazione a Gioia Tauro del centro siderurgico, ci ha scritto da Reggio Calabria un vecchio amico, l'ing. Francesco Ziparo, a nome di un gruppo meridionalista di Reggio Calabria e provincia che sappiamo essere t1n gruppo di persone serie e che tale ha dimostrato di essere durante tutto il corso della rivolta di Reggio per la designazione della sede degli uffici regionali della Calabria. Ebbene, questo gruppo di persone serie ritiene che la localizzazione del centro siderugico a Gioia Tauro comporti un costo minore di quello che comporterebbe la localizzazione a S. Eufemia; e soprattutto avanza preoccupate riserve sulle « voci » fatte circolare a proposito delle contro-indicazioni che la localizzazione a Gioia Tauro presenterebbe e a proposito della differenza di spesa a favore di S. Eufemia. « Non vediamo dove tale differe11za di spesa a favore di S. Eufemia tro·vi il minimo fondamento: non nel costo delle aree interessate che ... non raggiungono in valore assoluto le decine di miliardi; non nel costo dei raccordi ferroviari e stradali, presentando Gioia 11auro solo il problema del sovrapassaggio o sottopassaggio del1' att~ale ferrovia e dell'attuale strada statale, per cui può essere prevista una spesa di centi11aia di milio11i, spesa del resto ampiamente compensata dal minore importo occorrente rispetto a S. Eufemia per il raccordo all'autostrada Salerno-Reggio Calabria; né infine per quanto riguarda il porto: nessuna indicazio11e di minore spesa può aversi per tale infrastruttura a favore dell'una o dell'altra localizzazione, salvo l'elemento probante indicato a favore 12 Bibiiotecaginobianco

Cronache dell'industrializzazione di Gioia in una nostra memoria, non essendo stata condotta in merito alcuna indag'ine né da enti pubblici, né da privati (nessuno ha mai curato nemmeno la redazione delle carte batimetriche delle coste calabresi) e, comunque, una eventuale differenza tra l'uno e l'altro porto non potrebbe raggiungere l'importo indicato» (di circa 200 miliardi). Questo scrivono in un loro documento i meridionalisti di Reggio; e nella « memoria » cui fanno cenno essi hanno cercato anche di accertare fino a che punto l'impianto siderurgico comporterebbe nella piana di Gioia una distruzione di ricchezze preesistenti: oliveti ed agrumeti. Ora, a parte la considerazione che anche nella piana di S. Eufemia ci potrebbe essere, in conseguenza della localizzazione del centro siderurgico, distruzione di ricchezze preesistenti, perché anche la piana di S. Eufemia, come quella di Gioia Tauro, rientra nelle zone pianeggianti di recente irrigazione (a costi unitari 1,5 volte maggiori di quelli delle altre zone calabresi), i meridionalisti di Reggio affermano che là dove l'impianto siderurgico dovrebbe sorgere non ci sono vere e proprie « colture pregiate », o ci sono colture che sono « pregiate » soltanto per i pochi proprietari della terra. Infine, per quanto riguarda le voci sulle contro-indicazioni che sconsiglierebbero la scelta della piana di Gioia per la localizzazione del centro siderurgico, i meridionalisti di Reggio le attribuiscono n_on all'IRI, ma_ agli ambienti che hanno promosso e guidato la sommossa per la designazione del capoluogo regionale. Questi ambienti, cioè, avevano interesse a demolire l'alternativa siderurgica al capoluogo e quindi avrebbero fatto circolare le voci sul maggiore costo della localizzazione in provincia di Reggio degli investimenti siderurgici, onde questi fossero dirottati in provincia di Catanzaro: ·così, quando l'alternativa siderurgica non fosse risultata più proponibile per la provincia di Reggio, ma soltanto per la provincia di Catanzaro, avrebbe guadagnato forza la tesi del capoluogo a Reggio e non a Catanzaro. In questo senso Reggio strizza l'occhio a S. Eufemia! . Abbiamo riferito le opinioni dei nostri amici di Reggio; e certamente quest'ultima, sul cui prodest per quanto riguarda le voci fatte circolare sul maggiore costo della localizzazione a Gioia Tauro del centro siderurgico, ha un suo fondamento. Sarebbe tuttavia opportuno che a questo punto intervenisse un chiarimento ufficiale: perché le voci fatte circolare sui 200 miliardi in più del costo di Gioia rispetto a quello di S. Eufemia non sono circolate 13 Bi bi iotecaginobianco

Francesco Con1pagna soltanto fra Reggio e Cata11zaro, ma a Roma, a Milano, a Torino, co11 grave pregiudizio per la credibilità della politica di industrializzazione e del metodo della contrattazione programmata. E se avessero ragione i meridionalisti di Reggio, bisogna dirlo, rassicurando tutti coloro cui è stato fatto credere che vi sia « qualcosa di marcio » nella scelta di Gioia Tauro. Ma se invece così non fosse, e le indagini dovessero dimostrare, per esempio, che il porto di S. E11femia, o di Croto11e, comporta costi di i11sediamento del centro siderurgico sensibilmente minori rispetto ai costi di insediamento a Gioia Tauro, allora abbiamo il diritto di saperlo e di giudicare. Ed è grave che si possa dire a tutt'oggi che ancora non è stata condotta « alcuna indagine » in merito alle infrastrutture portuali di Gioia e di S. Eufemia, ai costi che si devono preventivare perché le une o le altre possano fornire alla produzione siderurgica il necessario supporto. Infatti, se questo fosse vero, st1 quali dati si sarebbe fondata la scelta del CIPE a favore di Gioia? E su quali dati si fondano le voci sui maggiori costi che questa scelta comporterebbe? Perché Cuneo? Non è soltanto la questione relativa alla localizzazione del centro siderurgico che in questi mesi ha compromesso la credibilità e l'efficacia della contrattazione programmata. C'è, in un certo senso più grave, la questione della Indesit. Già nell'editoriale del numero di febbraio noi anticipavamo, sulle base di indiscrezio11i che ci erano pervenute, preoccupazioni che sono diventate in n1arzo più diffuse e più inquietanti. Scrivevamo, infatti, del « recentissimo episodio della Indesit, un cui stabilimento, per il quale era stata concordata la localizzazione di Aversa, De Mita voleva dirottare ad Avellino », mentre Bosco si batteva perché non fosse dirottato da Aversa. Poi si ·è saputo cl1e la Indesit effettivamente era tornata sulla sua preannunciata decisione di costruire il nuovo stabilimento (anzi, un complesso di otto stabilimenti co11 circa 8000 nuovi posti di lavoro) ad Aversa: non per dirottare l'investimento dalla provincia di Caserta a quella di Avelli110, ma per dirottarlo in provincia di Cuneo. Di conseguenza, il CIPE, che aveva per varie ragioni rinviato le attese decisioni sulla pratica avviata dalla Indesit per la concessione di incentivi e per la contrattazione di infrastrutture specifiche (il raccordo ferroviario, in primo luogo) in relazione al suo progetto casertano, si è affrettato a deliberare; ed ha deliberato in senso favorevole alle richieste della Indesit per Aversa. 14 Bibliotecaginobianco ...

Cronache dell'industrializzazione Si poteva, quindi, ritenere che la Indesit - per premere sul CIPE e far sì che finalmente si deliberasse sulle sue ricµ.ieste, ed in senso favorevole - avesse a11nunciato di recedere dal primitivo orientamento di insediarsi ad Aversa; e che poi, a deliberazioni avvenute, avrebbe annunciato di essere soddisfatta per il contenuto di queste deliberazioni e avrebbe dato il via al suo progetto casertano. Tanto più che nel frattempo il Prefetto di Caserta aveva firmato, venendo a capo degli ostacoli frapposti dai coltivatori diretti, i decreti di espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione dei primi due stabilimenti. Sennonché, la Indesit ha confermato che questi due stabilimenti saranno costruiti a Cuneo. Magari l'azienda torinese rilascerà anche qualche dichiarazione di generico affidamento per un imprecisato futuro; l'assicurazione, cioè, di riprendere in considerazione, quando i tempi saranno maturi, il progetto casertano. Ma intanto sembra che la Indesit consideri irrilevanti, ai fini della sua ultima decisione a favore di Cuneo, gli impegni del CIPE a favore di Aversa. Quest'ultima decisione della Indesit sarebbe forse una conseguenza della « recessione strisciante », o di una crisi nel settore degli elettrodomestici, onde la sostituzione, a un progetto impegnativo come quello che si voleva realizzare ad Aversa (8 stabilimenti e 8000 posti di lavoro), di un progetto me110 impegnativo, da realizzarsi in provincia di Cuneo? Può darsi. Ma allora perché non realizzare intanto ad A\rersa i primi due stabilimenti, salvo a vedere come e quando realizzare gli altri sei? Perché, insomma, due stabilimenti in provincia di Cuneo invece di due stabilimenti ad Aversa? La questione da accertare è proprio questa: perché Cuneo? E cioè: 1) fino a che punto gli incentivi predisposti per la provincia di Cuneo, come area depressa del Nord, sono tali da neutralizzare quelli predisposti a favore del Mezzogiorno, onde, a conti fatti, la Indesit, dovendosi lim.itare a due soli stabilimenti, e non più ad otto, trova 1notivi di convenienza a non uscire dal Piemonte, dove risiede il suo stato maggiore imprenditoriale; 2) fino a eh~ punto sono state esercitate sulla Indesit_pressioni di ambienti subalpini, a favore di Cuneo e co11tro Aversa (pressioni della Regione piemontese, per esempio, perché certo è da escludere che pressioni del genere stano state esercitate, come qualcuno ha voluto i11sinuare, dal Ministro del Bilancio e çlella Programmazione, deputato di Cuneo, il quale ha cercato di persuadere la Indesit a preferire comunque Aversa). 15 Bibiiotecaginobianco

.... Francesco C1onipagna Non sappiamo se sia ancora possibile. convincere la Indesit a scendere nel Casertano, sia pure con il progetto meno impegnativo di quello a suo tempo preannunciato. Sappiamo, però che la questione della Indesit, del suo ripensamento a favore di Cuneo e contro Aversa, è molto grave e che il governo deve chiarirne i termini, così come deve chiarire i termini della questione relativa alla localizzazione del V centro siderurgico. Perché l'una e l'altra questione, come dicevamo, hanno messo in crisi la contrattazione programmata. Da Costa a Lombardi. Molte volte abbiamo dovuto rilevare che l'atteggiamento della Confindustria, nei confronti delle sollecitazioni meridionalistiche, è stato elusivo. Qualche volta è stato difensivo o addirittura di più o meno netto ed esplicito rifiuto a valutare il fondamento di quelle sollecitazioni, ed in generale dell'incitamento a fare qualcosa di più e di meglio nel Mezzogiorno. Non si può dimenticare, tra l'altro, che alla fine del 1967, o agli inizi del 1968, ci fu una conferenza triangolare dell'occupazione, convocata da Pieraccini, allora Ministro del Bilancio; ed in quella occasione un vice-presidente della Confindustria dichiarò che il problema della concentrazione industriale nel Nord non era tale « da lasciar temere squilibri e tensioni ». Né si può dimenticare che più o meno negli stessi mesi vi fu un discorso del ·Presidente della Confindustria, Costa, che denunciava la «immoralità» degli incentivi e condannava la proposta della cosiddetta contrattazione programmata. Ora, invece, l'ing. Lombardi, succeduto a Costa, esprime un atteggiamento nuovo al « vertice » della Confindustria; ed è doveroso prenderne atto. Non solo: l'ing. Lombardi ha riunito a Napoli un'assemblea di industriali per prendere posizione sui problemi dell'industrializzazione del Mezzogiorno; ed in questa sede ha dato per dimostrata la congestione sopravvenuta nei distretti tradizionali dell'industrializzazione italiana, ha riconosciuto l'utilità degli incentivi e si è dichiarato disponibile come interlocutore del governo e dei sindacati operai per una contrattazione programmata sulla localizzazione nel Mezzogiorno di quei progetti di investimento dei grandi gruppi privati che possono integrarsi con progetti di investimento delle medie imprese. Si è avuta così l'impressione che il nuovo « vertice » della Confindustria volesse far sapere, nella forma più ufficiale possibile, e in modo da conferire risonanza al suo atteggiamento, di essersi convenientemente sintonizzato con esigenze 16 Bibiiotecaginobianco

Cronache dell'industrializzazione venute a maturazione e rispetto alle quali, quando era già facilmente prevedibile che venissero a maturazione, il vecchio « vertice ·» non aveva voluto sintonizzarsi. La lezione delle cose ha dato dunque ragione alle Cassandre meridionaliste? Certo; lo abbiamo rilevato con insistenza negli 1.11timi mesi: la questione meridionale è stata importata nel Nord e quegli squilibri e quelle tensioni che due anni or sono erano soltanto preved-ibili (e tuttavia facilmente prevedibili) sono ormai chiaramente percepibili (e dolorosamente percepibili, se si pensa ai crescenti costi di insediamento degli immigrati nelle città padane, ai fenomeni di miserabile urbanesimo che si sono manifestati nelle aree metropolitane di Milano e di Torino, all'inquinamento dell'aria e dell'acqua nei distretti di più antica e più densa industrializzazione). Che siano percepibili anche agli stati maggiori della Confindustria, è senza dubbio un fatto rilevante. E d'altra parte, 110n si può non collegare la buona disposizione meridionalista che ha voluto manifestare a Napoli l'ing. Lombardi anche al maggiore impegno meridionalistico delle aziende a partecipazione statale, onde si è posto ai grandi gruppi privati il problema di non rimanere indietro e di non farsi tagliare fuori. Si pensi a quello che ha rappresentato per la Fiat, che non voleva scendere nel Sud, non solo la lezione di Rivalta, ma anche la provocazione dell'Alfa-sud! Si dirà che per ora quelle dell'ing. Lombardi a Napoli sono soltanto parole. Ma intanto anche le parole hanno la loro importanza, specialmente in quanto seguono ad altre parole, cl1e avevano un altro seg110 ed un altro suono: un segno ed un suono antimeridionalistico, come quelle che erano soliti profferire i predecessori dell'ing. Lombardi. Comunque sia, si tratta di accertare quali condizioni potrebbero consentire di verificare se, come, quando, alle parole possono seguire i fatti. Si ripropone subito, perciò, la questione della Indesit: se la Indesit veramente dovesse recedere dal suo progetto casertano ed insistere per la realizzazione di un progetto alternativo in provincia di Cuneo, se ne dovrebbe dedurre che i fatti non corrispondono ancora alle parole dell'ing. Lombardi e che queste parole suonano assai meno credibili di quanto non suonerebbero qualora per gli investimenti della Indesit dovesse prevalere la soluzione casertana. Pertanto, anche la Confindustria è interessata ed impegnata, politicamente, sulla questione del~a Indesit: per convincere quest'ultima, o per fornire chiarimenti paralleli a quelli che si attendono dal Governo. Ci si potrebbe domandare poi se la Confindustria, nel corso 17 Bibiiotecaginobianco •

' Francesco Compagna degli incontri che dopo il discorso di Lombardi si sono svolti a Napoli fra dirigenti di Piazza Venezia e dirigenti delle Unioni meridionali, abbia preso coscienza dei gravi fenomeni di crisi che qua e là si sono manifestati con chiusure di stabilimenti e licenziamenti di manodopera, specialmente nel Napoletano; e se, avendo preso coscienza di questi fenomeni, ritenga di avere quanto meno la possibilità di contribuire - attraverso i suoi canali di contatto con imprenditori e gruppi imprenditoriali del Nord - alla ricerca di soluzioni che consentano di riaprire stabilimenti e riassumere manodopera licenziata, di evitare altre chiusure e prevenire altri licenziamenti. Ma soprattutto si vorrebbe raccomandare ai dirigenti della Confindustria un i1npegno specifico a studiare ed a proporre veri e propri progetti, relativi a blocchi di investimenti integrati: con particolare riguardo alla meccanica ed alla chimica secondaria. È certo già un fatto positivo che il « vertice » della Confindustria si dichiari disponibile per collaborare all'attuazione di questi progetti; ma sarebbe un fatto ancora più positivo, e molto più positivo, che i soci della Confindustria cominciassero a formulare i progetti ai quali dicono di essere disposti a collaborare. È in questo senso degna di menzione la dichiarazione che ha rilasciato all'« Espresso » il vice-presidente della Confindustria e presidente dell'Associazione Industrie Chimiche, Fulvio Bracco. A proposito dei risultati di un recente convegno sul problema dei rapporti.fra l'industria chimica ed il Mezzogiorno, Bracco ha detto che l'Aschimici si ripromette di raccogliere in << pacchetti » tutte le iniziative minori da realizzare nel Mezzogiorno, iniziative che prese una per una non hanno dimensioni tali da giustificare un esame in sede di contrattazione programmata, ma che, confezionate in « pacchetti » consistenti, non correrebbero il rischio _di essere sottovalutate per quanto riguarda i problemi derivanti dal loro insediamento, problemi di infrastrutture necessarie nelle aree di localizzazione conveniente e problemi relativi ai settori nel cui ambito si collocano le singole iniziative.· Sono buone intenzioni che abbiamo voluto appuntare anche perché se ne può ricavare per analogia un esempio, e forse anche un ~uggerimento: il recente impegno della Fiat nel Mezzogiorno (Cassino, ecc.) consente di riproporre in termini più articolati il discor~o già aperto dall'Alfa-sud per quanto riguarda le produzioni indotte dall'avvio anche nel Mezzogiorno di una pro.duzione terminale come quella automobilistica. Perché la Confindustria non prova a portare avanti questo discorso con i suoi soci? Lasciamo ai suoi destinatari di giudicare fino a che punto questo suggerimento sia 18 Bibliotecaginobia .co

Cronache dell'industrializzazione appropriato. Può anche darsi che sia tanto appropriato da essere i11utile, in quanto già preventivamente accolto. O può darsi che per portare avanti il discorso sul cosiddetto « indotto automobilistico » e più ancora quello sulla chimica secondaria, si debbano rimuovere difficoltà che sono più che mai incombenti. Vien fatto subito di pensare alla crisi della Montedison ed alle difficoltà per le quali non si riesce a far uscire « dalle nebbie » il tanto .atteso « piano chimico ». Così come vien fatto subito di pensare alla « conflittualità permanente » che ha reso difficile la vita e della Fiat e dell'Alfa Romeo e che non sappiamo fino a che punto abbia inciso sui tempi di attuazione dei progetti dell'una e dell'altra nel Mezzogiorno, comunque distogliendo la loro attenzione dalla questione delle produzioni indotte o scoraggiando gli imprenditori che a queste potrebbero essere interessati. Perché a questo punto, tutti dobbiamo rispondere ad una domanda precisa: si ritiene che, ai fini dell'industrializzazione del Mezzogiorno, il concorso dell'iniziativa privata sia necessario o si ritiene che se ne possa fare a meno? Noi abbiamo polemizzato contro Costa e soci perché non vole11ano dare questo concorso; vogliamo verificare fino a che punto siano disposti a darlo Lombardi e soci: ma comunque riteniamo che quel concorso sia necessario. Non è concepibile un'industrializzazione fondata soltanto sull'iniziativa pubblica e che non possa avvalersi come quella del Nord di apporti consistenti e differenziati, sia in capitali che in capacità tecnico-imprenditoriali, affluenti dal settore privato. Ma se si vogliono sollecitare questi apporti, se si vogliono creare le condizioni grazie alle quali essi possano affluire nel Mezzogiorno, non basta che l'ing. Lombardi si dichiari ben disposto e non basta nemmeno chiamare l'ing. Lombardi alla prova della coerenza tra le parole ed i fatti: perché l'impegno maggiore degli industriali privati ai fini dell'industrializzazione del Mezzogiorno è oggi comunque dipendente dell'impegno non degli industriali soltanto a predisporre le condizioni anche politiche di una ripresa generale degli investimenti. Le i11cog·nite elettroniche. La Soris è una società torinese di ricerche economiche e di mercato. Direttore di questa società è Ruggero Cominotti, il quale (secondo quanto riferisce· Cesare Zappulli in uno dei suoi articoli dedicati al Piemonte, ·nel quadro dell'inchiesta su « Italia settanta» del « Corriere della Sera ») ci ha chiamati in causa: « Francesco 19 Bibliotecaginobianco

r Francesco· C'ompagna Compagna ha le sue ragioni di protesta :quando apprende, per esempio, che la Olivetti ha cinque stabilimenti in Europa ed uno a Singapore per le componenti elettroniche della SGS; ma si tratta di manufatti che hanno un mercato mondiale; ed una giornata di lavoro a Singapore costa quanto un'ora in Italia: basta trovar delle donne che abbiano la vista buona e le mani agili e che non sudino ». Ecco: non è che noi si « protesti » perché la Olivetti ha cinque stabilimenti in Europa ed uno a Si11gapore. Tenuto conto del fatto che la Olivetti ha ormai due stabilimenti in Campania, ci si può rendere conto delle buone ragioni tecniche, economiche, commerciali per le quali deve averne cinque in Europa ed uno a Singapore. Non è soltanto questione di donne « che non sudino » e la cui giornata di lavoro costi poco; perché, se si trattasse di questo soltanto, Singapore dovrebbe essere preferita a Marcianise, ma qualsiasi centro del Mezzogiorno avrebbe dovuto essere preferito ai centri europei nei quali la Olivetti ha creato i cinque stabilimenti di cui parla Cominotti. Probabilmente, Cominotti ha voluto dire proprio che gli inte-. ressi della Olivetti sono tanto complessi e diversificati da non potersi pretendere che questi interessi coincidano con l'esigenza, della quale tanto si è parlato, di puntare sull'industria elettronica per lo sviluppo del Mezzogiorno. A meno che non si riesca a trovare - come suggerisce Cominotti a Zappulli -. « la strada giusta per far partecipare il Mezzogiorno al gioco ». C'è questa strada giusta? E se c'è, quale potrebbe essere? Come aprirla? In che senso la Olivetti potrebbe fare di più? Sono queste le domande che rivolgiamo a Cominotti, confidando che la sua esperienza e la sua competenza possano contribuire a chiarire incognite che non abbiamo né l'esperienza né la competenza per chiarire da soli, pur avendo l'intelligenza per capire che sono incognite tali da condizionare la credibilità ed il fondamento stesso del discorso sullo sviluppo dell'industria elettronica nel Mezzogiorno: un discorso che è stato addirittura sbandierato nel 1967 e nel 1968, ma che oggi sembra essere, se non rientrato, certamente più sommesso di q~anto allora non fosse enfatico. Già nel 1969, ancora frastornati dell'eco di questo discorso, che era stato anche strumentalizzato per contrasta~e le decisioni relative all'Alfa-sud (si parlò di un progetto elettronico alternativo a quello dell'Alfa), avemmo occasione di manifestare il nostro stupore nell'apprendere che un certo micro-calcolatore della Olivetti si sarebbe costruito a Cremona, e non a Pozzuoli, o a Marcianise. 20 Bibliotecaginobian.co

C'ronache dell'industrializzazione Questo voleva dire che la Olivetti aveva oggettivamente convenienza di costruirlo a Cremona. Ma voleva dire anche, naturalmente, che c'erano dei limiti all'intento di avvalersi degli investimenti nell'industria elettronica per dare una spinta all'industrializzazione del Mezzogiorno. E d'altra parte sentimmo dire da Luraghi che questo intento era velleitario e che non ci si doveva illudere che i nuovi investimenti nell'industria elettronica potessero localizzarsi nel Mezzogiorno. Anche Saraceno, per la sua parte, avanzava qualche dL1bbiò in proposito: e se ne poteva ricavare l'i1npressione che sull' elettro11ica nel l\t1ezzogiorno si fossero fatte inopportune concessioni alla retorica. Era anche vero, però, che in Campania, Abruzzo e Sicilia erano stati realizzati episodi interessanti di industria elettronica; e che altri episodi, egualmente interessanti, erano stati preannunciati. Cosicché, fra indicazioni favorevoli e contro-indicazioni sfavorevoli, sembra doversi dedurre che non sia lecito parlare dell'industria elettronica come di una ricetta per l'industrializzazione del Mezzogiorno, ma che sia lecito parlarne come di un'occasione fra le altre, da cogliere insieme alle altre, da far crescere contestualmente alle altre. Sennonché, al di là delle enunciazioni più o meno retoriche del1' esigenza di puntare sull'industria elettronica come carta vincente dell'industrializzazione, non risulta che sia stata avviata una analisi scrupolosa di possibilità e di alternative, di limiti e di nuovi orizzonti, di conve11ie11zee di occasioni. Si è detto soltanto, e ripetuto insistentemente, che, fra le industrie di tipo nuovo, proprio quella elettronica consente minori investimenti di capitale per addetto; e quindi che è un'industria in grado di consentire al Mezzogiorno, alla sua industrializzazione, di non dover sacrificare alla esigenza di una maggiore occupazione l'esigenza di essere « tecnologicamente avanzata », o viceversa. Ma l'investimento di capitale per addetto cresce considerevolmente se si considerano ancl1e le spese necessarie per la ricerca scientifica, che a monte dell'industria elettronica sono più che notevoli. E l'industria elettronica italiana è ancora debole perché ancora deboli sono gli impegni per la ricerca. Comunque sia, va detto che, se si vuole uno sviluppo 11elMezzogiorno dell'industria elettronica, non si deve pensare che esso sia realizzabile quando la ricerca che dovrebbe spingere nel senso di questo sviluppo avesse le sue sedi al Nord. Non è concepibile, cioè, l'industria al Sud e la ricerca al Nord. Ma- è la ricerca nel Mezzogiorno che può portare allo sviluppo ·dell'industria nello stesso Mezzogiorno. Ora, se c'è un piano sul quale la politica meridionalista non ha 21 Bibliotecaginobianco

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