Nord e Sud - anno XVIII - n. 135 - marzo 1971

Vittorio Barbati L'equilibrio p•olitico-tecnico è i11fatti un~ condizione indispensabile per la realizzazio,ne di qualsiasi programma che presenti aspetti di estrema con1plessità. Se11za tale equilfbrio si rischia o di creare una tecnocrazia incontro1labile - con la conseguente riduzio·ne dei politici al ruolo 1 di mai1jchini, tenutj in piedi per avallare le decisioni dei tecnocrati - o, al po,lo o-p1 posto, di compromettere, con decisioni politiche inadeguate, il processo 1 di unifìcazio-ne. No•n è necessario insistere sui pericoli, fin troppo evidenti, di questi due poli estremi. È piuttosto il caso• ·di notare che l'equilibrio• politico-tecnjco può essere co,nseguito in vari mo,di, ma richiede, in tutti i casi, che si sappia bene ciò che si vuo1e. Perciò, a questo punto, bisogna cominciare a po1 rsi il problema del tipo, di unio,ne po,Ijtica da costruire, dei compiti da attribuire a tale unio,ne e del ruo1 lo da farle assumere nel contesto internazionale. Si potrebbe obiettare che è pre1naturo pe11sare a ce·rte questioni, quando restano ancora da definire molti aspetti tecnici ·dell'unione economica e mo,netaria, quando tale unione è ap•pena sulla carta, e quando, soprattutto, si sa che essa potrà divenire O1 perante soltanto fra una decina d'anni. Ma 1'0,biezio11e non regge ad 11na critica approfondita. Già o-ggi, infatti, si può dire, senza mezzi termini, per la « Piccola Europa dei Sei », ciò che fino a qualche anno 1 fa si ·diceva per la Rep·ubblica Federale Tedesca, e cioè cl1e si tratta di un « gigante eco,nomico » ma di un « nano p•o1itico, ». Con un'aggravante: che l'Euro·pa dei Sei rischia di d'iventare un nano politico non solo nei confronti del contesto, internazionale in cui è jI1serita, ma anche nei confronti delle fo-rze che o,perano nel suo inter110, forze che presumibilmente saranno potenziate dall'unio,ne econo,mica e monetaria, e che potranno quindi essere controllate soltanto da un'organizzazione pubblica po1iti':o-tecnica di « statura » adeguata. E no·n è necessario, spendere molte parole per dimostrare che già O;ra i singoli Stati nazionali cl1e compo11gono la Co·munità Eco,nomica Euro,pea stentano a· controllare molti processi, la cui ampiezza s1 upera ormai largamente i loro- co,nfini. Come no•n è necessario spendere molte parole per dimostrare che, in campo internazionale, il peso, po,litico di tali Stati è co.nsiderevo1mente minore ct·el peso econo-mico della Comunità nel suo co,mplesso. Siamo dunque già in presenza di una situazio,ne di squilibrio, derivata dal fatto che l'integrazione econo·mica ha compiuto grandi passi mentre l'integrazio,ne politica è rimasta nel limbo delle buone intenzioni. Bisogna fare in modo che tale squilibrio no,r1 si aggravi fino a portare a situazioni di rottura. D'altro 1 nde, questo non è certo l'ultimo dei motivi che hanno po,rtato 1 all'accord·o di Bruxelles ed al « rilancio » dell'idea di una Comunità ·politica. Perciò, co1 nsiderando anche l'enorme 72 Bibi1otecaginobianco

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