I Giornale a più voci quella dei paesi del Mediter.raneo orientale al 24,8%. Quote minori vengono importate dal Venezuela (2,5%) dall'Algeria (1,9%), dall'Egitto (1,8%), dall'U·nione Sovietica (9,2% ). Da questa pvima anali,si n-um.erica vogliamo innanzitutto ricavare un dato che ci semb 1 ra i1nportante e cioè il fatto che in un decennio, dal 1959 al 1969, il consumo di petrolio nell'Europa occi1dentale è sali,to da 173 ad oltre 560 milioni di tonnellate. Ci pare superfluo ricordare che quando si pania ,di petro1lio, non bisogna immediatan1.ente pensare alla sua trasformazione in benzina, ma bi,sogna considerarlo essenzialmente quale fonte di energia. Un1 a fonte di energia fra le più importan,ti e le piiù larga1nen!te utilizzate nel mon,do in,tero. Visto in questa di1nen·sione, anche se alle tradizionali fonti di energia si va, più o meno lentamente, affiancando quella nucleare, il petrolio sarà ancora abbondantemente richiesto negli anni futuri. Si calco1a infatti che fra 15 anni le fonti energetiche cui si farà ricorso saran·no cosniituite ancora per il 37% dal petrolio e solo per il 6% dalla er1ergia nucleare. Ecco perché le trattative che dal 12 gennaio scorso 1 hanno 1 tenuto imp,egnati i rappresentanti delle gran,di imprese petrolifere e quelle dei paesi produttori hanno interessato buona parte dell'opinione p1 ubblica. Perché la posta in gioco era non solo un possibile aumento del prezzo della benzina, ma addirittura l'intera economia occidentale, la quale potrebbe essere completamente comp·romessa dalla paventata interruzione dei rifornimenti di petrolio. Perché la necessità di queste trattative? Lo scontro odierno ha origiru che vanno rioericate iin avvenimer1ti di almeno dieci anni fa. Nel 1960 sii verificò sul n1ercato del petrolio un fatto nuovo: l'immissione di p1etrolio sovietico. Questo fenomeno,, insieme con l'elevata produzione dei tradizionali paesi es.portatori, provocò, ap1punto, un eccesso di produ~ione del quale credettero di poter aipproifìttare le maggiori compagnie petrolifere decidendo una drastica riiduzione (il 18%) del p·rezzo sino ad allora pagato per il petrolio grezzo, acqui,stato nel Medio1 Oriente. I paesi produtitori, disorganizzati e colti alla sprovvista, subirono l'imposizione. Tuttavia, in quello st:esso anno, si ·riunirono a Bagidad e costituiro,no l'Organisation of Petroleum Exporting Countries (OPEC) allo scopo di difendere gli interessi dei produttori di greggio. Di quesita organizz:azi,one fanno o·ggi ·parte Iraq, Iran, Arabia Saudita, Ku,vait, Abu D·habi, Qatar, Libi1 a, Algeria, Indonesia e Venezuela che, com,plessiva1nente, p1 roducono 20 miJioni di barili di petrolio al gio·mo (il barile è l'unità di misura usata in questi calcoli ed equivale a 159 litri), vale a dire il 49% -della p1 roduzione mondiale. Produzio1ne con la qu,ale questi pa:esi cop,rono oltre il 92% delle importazioni dei paesi del MEC e il 90% di quelle del Giappone, per citare i più importanti. Epp1 u•re, malgrado quest·a evidente posizione ,di monopolio, almeno nei mercati citati (gli Stati Uniti importano· solo per il 3% ), i membri deH'OPEC non solo hanno subìto la citata riduzione dei prezzi prima di riunirsi nell'organizzazione, ma hanno conservato questa posizione passiva nei confronti delle 47 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==