Nord e Sud - anno XVIII - n. 135 - marzo 1971

... Italico Santoro caldo. Si potrebbe dire, in un certo senso, :che la stagione delle riforme è passata i11utilmente, e che non averla sfruttata a tempo ha compromesso i risultati della politica programmata ed ha accentuato contemporaneamente le tensioni sociali. Questo rapido viaggio attraverso ciò che è vivo e ciò che è morto della politica di piano ci porta ad alcune considerazioni che riteniamo di dover avanzare dopo l'esperienza di questi anni, e nel corso di un dibattito, quello sulle riforme, che sembra prevalere largamente su un altro dibattito, quello sul rilancio della programmazione. C'è da domandarsi, anzitutto, se esista realmente la volontà politica di riallacciare il filo interrotto: il Piano quin.quennale numero uno è anche cronologicamente scaduto (logicamente, come abbiamo visto, non è mai esistito); di un nuovo Piano, intanto, si sa solo che sarà pronto, come il primo, in ritardo, anche se, a quanto asseriscono gli « iniziati », sarà diverso dal primo, dovendo inaugurare uri nuovo tipo di programmazione, quella « per progetti ». A parte il ritardo, e a parte la formula non ancora sufficientemente chiarita a cui si è fatto ricorso, il vero problema è un altro, ben diverso e più grave. Il primo Piano è fallito nei suoi aspetti tecnici, nelle sue proiezioni quantitative, è fallito come un nuovo metodo di « fare politica », di « fare governo }>, di « fare amministrazio11e »; in altri termini, è venuto meno nelle sue ipotesi, perché è venuto meno come idea-forza, come risultante della volontà riformatrice di alcune forze sociali oltre che politiche. Si può ritenere migliore il background sociale e politico in cui il nuovo Piano dovrebbe collocarsi? Certamente no. Lo scollamento delle maggioranze e dei governi; la corsa alle riforme realizzate comunque, senza verificare la loro compatibilità con le condizioni produttive e finanziarie della nostra economia, e senza controllare la loro rispondenza al modello di sviluppo complessivo che si vuole assegnare al sistema; la spinta rivendicativa dei sindacati, che si traduce per alcuni settori in elemento di costante incertezza su quello che potrà essere l'andamento produttivo; le condizioni sempre più disagiate dell'Amministrazione statale, l'incertezza sui compiti futuri dell'Istituto regionale sono tutti fattori di confusione che certo non favoriscono la possibilità di riprendere in modo organico il discorso sulla programmazione. Potremo avere, perché no, un secondo Piano, magari per« progetti », ma non avremo certamente, per questo solo fatto, una politica di piano . 36 Bibi f otecaginobia.nco

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