Nord e Sud - anno XVIII - n. 135 - marzo 1971

.. Italico San toro polazione di circa 50 milioni gli addetti sono più di 2 milioni). In Italia, invece, fra il 1965 e il 1970 il reddito pro capite in agricoltura ha subìto addirittura una sia pur lieve flessione nei confronti degli altri settori, ed oscilla intorno al 50-52 % , i11vece del 60% ipotizzato dal Piano. È probabile, allora, che si sia fatto poco sulla via della razionalizzazio11e delle strutture; è certo, in ogni caso, che si è rimasti 1nolto al di sotto delle previsioni, e appe11a al di sopra dei livelli toccati negli anni precedenti, per quanto riguarda gli investimenti. Nella prima metà degli anni sessanta, gli ir1vestimenti annui in agricoltura erano stati pari, in media, a 600 miliardi, una cifra ritenuta troppo bassa in sede di programmazione, ed elevata dal Piano a 976 miliardi, 4880 per l'intero quinquennio, di cui una gran parte, oltre il 66%, assicurati dal settore pubblico. E invece, durante questi cinque anni, pur avendo trovato una sosta11ziale conferma le previsioni relative agli investimenti globali, all'agricoltura sono stati destinati poco più di 600 miliardi all'anno, co11 una punta massima di 672 rr1iliardi nel 1968: più o meno, quanto veniva investito nel settore prima del Piano quinquennale, e quindi prima che il superamento degli squilibri settoriali assumesse ufficialmente la denominazione di obiettivo prioritario. L'aspetto più significativo è che a franare sono stati proprio quegli investin1e11ti pubblici che avrebbero ·dovuto costituire i due terzi del totale: oltre 200 miliardi all'anno in meno. D'altra parte, era previsto che gli investimenti del settore pubblico venissero assicurati mediante ricorso al mercato finanziario o mediante risparmio pubblico: ed è evidente, come avremo ancora modo di sottolineare, che in presenza di un risparmio pubblico pressoché irrisorio, la co11seguenza piì1 immediata non poteva essere che un minore flusso di capitali proprio verso quei settori che, per essere più deboli, maggiormente avevano bisogno dell'intervento dello Stato. Secondo il Piano Pieraccini, « lo sqt1ilibrio storico tra la vasta area arretrata del Mezzogiorno e il resto del Paese costituisce il più gra.ve ed in1portante problema che la programmazione economica deve affrontare ». Per contribuire ad una più equilibrata distribuzione delle ricchezze tra le grandi ripartizioni territoriali, e modificare il meccanismo di localizzazione delle attività produttive, venivano forn1ulate due ipotesi di fondo: che nel Mezzogiorno venissero ubicati investimenti lordi fissi, compresi quelli in agricoltura, nella misura del 409/o, invece del 25% registrato nel quinquennio 195930 Bibiiotecaginobianco

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