Aristide Ricci m1t1: il fascismo ed il comunismo. In Ritter (Le origini storiche del A.'azionalsocialisn10, in Nuove Questioni di Storia Contemporanea, trad. it., Milano 1968) il disegno diventa più co,mpiuto 1 riicollegan,do, egli, i mo1vimenti del Novecento alle correnti antidemocratiche del secolo precedente. Nel pensiero di Nietzsche, Bergson, Sorel -· egli osserva - sono rintracciab:i 1 li la esasperazione vitailistica, il rifiuto della « vile intelligenza » e l'esaltazio,ne dello « slancio vitale». D'altra parte « rappresentazioni darwinistiche del 'diritto dei più forti'» penetrarono, grazie all'« eterna lotta in ogni creatura vivente per la propriia esistenza», nella p•roblematica politica. « E sin dallo scorcio del secolo, nell'epoca dell'imperialismo » produssero « un complesso pubblicistico di estratti dottrina1i della violenza che esaltano la guerra » concepita « no,n più come catastrofe culturale, ma come una 'crisi creativa', senza di cui no1 n vi può essere alcun pro·gresso stonico ». In Germania tali tendenze si troivaron.o « innanzitutto, nel campo dei cosiddetti 'pangermanisti', che predicava110 un nazionalismo estremamente militante. Ma anche in Italia vi furono p1 recursori sp1 irituali del fascismo, tra i quali il nome di Gabriele D'Annunzio è quello internazionalmente pitl noto». L'interpretazione di questi grandi intellettt1ali aveva 11 n1erito di cogliere uno degli aspetti più dramrnat1ci della cultura europea co·ntempo 1 ranea e cioè la profonda e radicale crisi di valori che coincise con la prima guerra mondiale e si sviluppò negli anni successivi. Tuttavia essa no·n era abbastanza attenta ai meccanismi sociali ed eco,nomici ed in questo era il suo limi te. In questo senso essa fu sup-erata dal lavoro di una nuova generazione di studiosi e di osservatori i quali, forse p,er il fatto di essere più direttamente coinvolti negli avven.imenti, dimostrarono maggio~e sensibilità per questi problemi. Per quanto di ispirazione ideolo·gica e metodologica diversissima - liberali gli Lmi, marxisni gli altri - ques,ta generazione iln,augurò una nuova strada nell'interpretazione del fascisn10. La pubblicistica di ispirazione liberale e radicale centrò la sua attenzione essenzialmente sulla crisi dei ceti medi. Mario Missiroli (Il fascismo e la crisi italiana, Bologna, 1921) scrivendo « a caldo » sul fasoismo, fu tra i primi ad affermare che questo no·n poteva essere considerato come « un fenomeno puramente idealistico e romantico ». La verità - egli osserva - è « infinitamente più complessa » e difficilissimo è « scoprirne gli aspetti in funzione dell'estrema mobilità con la quale il fenoimeno ... si svolge, si trasforma, si colora ». Seco,ndo Missiroli, nella società italiana esistevano situazioni conflittuali non tanto fra bo1 rghesia e proletariato, quanto fra i ceti -borghesi. I ceti medi cl1e nel periodo bellico avevano dato un notevole contributo um·ano di soldati e di ufficiali alla vitto,ria finale si trovarono, al termine del conflitto, sfavoriti sia nei confronti della grossa borghesia, sia nei confronti degli operai e dei contadini. Già esautorati ,sul piano econo 1 mico, s'avvertirono minacciati anche su quello politico da quei ceti che, favoriti dalla politica economica della guerra, si preparavano a far loro concorrenza anche dal punto di vista della gestio,ne del potere. Ad essi, sconfitti eco,nomicamente, non restava, quindi, che « di rifarsi attraverso la lotta politica». Proseguendo 116 Bibiiotecaginobianco
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