Nord e Sud - anno XVIII - n. 135 - marzo 1971

Argo1nenti tre raggiungono, nel Centro-Nord, la percentuale del 21,6%. Ciò significa che dal punto di vista ponderale le insufficienze vitali sono -paradossalmente più frequenti nell'Italia del benessere che no·n 11.ell'altra Italia, quella che manifesta i,n ogni settore le maggiori difficoltà di equilibrio. Tuttavia la s-piegazio1 ne 110n è difficile se si pensa alla maggio 1re attività fisica della donna settentrionale, che inoltre ha maggior cura di non accentuare il peso co·rpo,reo nel corso della gravidanza, sia per ragioni estetiche, sia per le maggiori difficoltà del travaglio che l'accompagnerebbero. La donna meridionale invece è abitualmente portata a meglio nutrirsi nel corso d·ella gravidanza (secondo sconsiderati criteri quantitativi, sprovveduta com.e essa è del resto di solide nozioni di educazione sanitaria ed alim·entare), sospinta anche dal desiderio di mettere al mondo una creatura che con l'eccesso di peso presenti buone possibilità ,di so1 p,ravvivenza. Sono, queste le conseguenze dei lunghi periodi storici nei quali la mortalità infantile era elevatissima ed un margine di peso superiore alla media (allora abitualmente bassa per la precarietà nutritiva delle gestanti) p,oteva effettivamente co·ncedere maggiori garanzie •di sopravvivenza al neonato. Lo· stesso si p·uò dire a proposito delle medie relative ai valori ponderali più alti dei neonati: i bambini superio,ri ai tre chilogrammi, peso che consente le ma,ssime possibilità di sopravvivenza, rappresentano il 75% del totale nel ·Centro-Nord, mentre_ raggiungono la quota dell'84% dei neonati meridio 1 nali. Viceversa, come si è visto, nel Mezzogiorno si registrano i contributi più rilevanti alla mortalità infantile nei mesi successivi al primo,. E qui bisogna chiamare in causa le insufficienze ambientali del Mezzo1 giorno, del resto notissime, che m,eriterebbero di essere indivi,duate accuratamente caso per caso, in ragione del diverso comportamento di ciascuna regione del Sud. Anche in questo campo sono validissime le considerazioni di Francesco Compagna, circa le « regioni più deboli » e le « categorie più deboli », una debolezza che non risparmia certo le strutture di pediatria sociale. E vale qui ricordare che l'Ente preposto in Italia all'assistenza all'infanzja, l'O.N.M.I., pro·prio là dove la mortalità infantile è più elevata, cioè nel Mezzogiorno, ha creduto di poter ridurre l'intensità degli interventi, e questo a vantaggio· di regio1 ~i (del Centro-Nord) che registrano una mortalità infantile ridotta ai livelli europei. Su questo argomento abbiamo in altre occasioni riferito, e no·n è il caso di ritoirnarvi sop,ra. Ma se le regioni meridionali - tutte le regioni meridionali - registrano i più elevati indici di mortalità infantile nei periodi successivi al primo mese di vita, cio non significa che il primo mese trascorra per i neonati meridionali in tutta tranquillità;· difatti, mentre nel Cen89 Bibiiotecaginobianco

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