Giornale a piu voci realtà cl1e poi si vuol lasciare inalterata, rinunziare a quelle esperienze in alternativa e a quelle possibilità di apertura che rappresentano l'aut~ntica modificazione. D'altra parte, la considerazione del rap·porto scuola-territorio esige il chiarimento preliminare di ciò ohe è scuola e di ciò che è territorio. Se per il primo concetto non paiono necessarie particolari elucidazioni, trattandosi di realtà definita anche giuridicamente e istituzionalizzata, più complesso e più ambiguo ap1 pare il secon,do concetto. Sembrerebbe naturale ed ovvio identificare territorio e quartiere. Lo stesso quartiere però in molti casi è un'entità, per così dire, top·on,omastica. Che cosa sta nel quartiere? che cosa non ci sta? Ogni delimitazione pare artificiosa e arbitraria. A parte tali difficoltà e tali problemi, bisogna dire che una scuola.;pilota ha co·me territorio, non nel sen,so della base d'insediamento, ma nel senso dell'interlocuzione, qualcosa di più del quartiere: la città, for,se qualcosa di più. Essa è spalancata su molte dimensionii, proiettata in una sfera 1e in un insieme di sfere, che superano quella ristretta d·el quartiere. Sua funzione è quella di slargare, di esorcizzare l'i·solamento. Parlare quindi di « isola di Arturo » vuol dire avvalersi ,d'una torva mistificazione, che asserisce ciò che andava negato e n·ega ciò che dev'essere asserito. In sede di di,battito televisivo è emerso anche il pro1 b1ema della coge• stione e del controllo collettivo sulla scuola. Il confronto è avvenuro sullo sfondo della « visione d·emocratico-plurali 1 stica » del « Iv1anifesto ». Quali sono le idee sulla scuola di questo movime11to? Un attento e vigile studioso così le riassume: « Un'idea-cardine nelle tesi ,del 'Manifesto' e la definizione della scuola come ' corpo separato·' rispetto alla comunità sociale, da cui scaturisce la necessità di affidare l'educazio 1 ne a quest'ultima, in quanto corpo indiviso. Si riconosce che l'aggregato sociale attuale, profondamente atomizzato, non può identificarsi con quella comunità educatrice i,deale, ma non si rinuncia all'ipotesi utopi,stica di un'in 1 vasione della scuola da parte del collettivo sociale da realizzarsi qui ed ora. È evidente il tentativo di trasporre meccanicamente alcune esperienze maturate nel corso .della Rivoluzione Culturale cinese, trascurando· il particolare non secondario che esse si svoigevano in un paese che aveva già realizzato la sua rivoluzione, per la difesa e l'espansione di un potere già conquistato ;dalla classe operaia e dal suo Partito. Nella situazio,ne italiana, questo tipo di proposta non può non assumere un sapore uto,pistico e idealistico, in quanto non si confronta con iil terreno concreto delle contraddizioni materiali vissute dalle masse studentesche ... » (A. MELIS, Crisi dell'università e ruolo politico del movimento studentesco, Napoli, Guida, 1971, pp. 23-24). Questo pendere verso l'utopia, nel co·rso dell'« incontro a tre» di Napoli, è stato in forma goffa e macroscopica palesato da alcuni giovanotti del movimento del « Manifesto », i quali, come il lupo di Cap·puccetto Rosso, hanno partecipato al dibattito nelle spo,glie rassicuranti dei « genitori ,degli alunni », i quali per la verità nulla sanno di lo·ro e delle loro1 idee, né delle idee e delle persone di coloro che dicevano di rappresentarli. 39 Bibiiotecaginobianco
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