Nord e Sud - anno XVIII - n. 134 - febbraio 1971

• Albert Meister oggi per essere abbandonato; lo attestano le attuali analisi dell'agricoltura e soprattutto il tono della critica e la freddezza delle argomentazioni. A leggerle e ad ascoltarle si sente che oggi non è più questione di adattamento, che è un p,rocesso lungo e in gran parte fondato, sul consen·so; così come ai piccoli con1mercianti, i quali nel corso dei due decenni in cui lentamente si sono affermate le nuove forme di d'istribuzione non sono riusciti a convertire o riadattare la loro azienda, ai contadini si chiede di trasformarsi, di svolgere altre attività perché gli u·ni come gli altri sono un ingombro. Se quanto già si avverte al livel:lo dell'espressione e dell'atteggiamento è vero, non si dovrebbe tard·are a constatare l'ab·bandono e il ritardo degli aiuti e delle attività marginali (formazione, animazione, volgarizzazione e così via), poi la limitazio•ne o la sospensione di certe sovvenzioni (è meno 1 costoso per il paese avere un'azienda in meno, che aiutarla a modernizzarsi, perché quelle che potevano trasformarsi lo hanno già fatto). Si comprende allora in quale vicolo cieco si trovino le organizzazioni sindacali, alle quali non .si chiede più di p·ro,porre o di partecipare alla ricerca di soluzioni nuove, e che per questa ragione sono ri,dotte a difendere vantaggi acquisiti senza avere altra filosofia né altra tattica possibili che quelle del « poujadismo ». Esse si trovano dunque nella ·posizione che è sempre stata quella delle organizzazioni di difesa op1 eraia, che in breve tempo, si sono separate dai tentativi ,di autorganizzazione ·della classe operaia (cooperative, mutue, ecc.) e i cui poteri pubblici non hanno mai dato luogo ad una effettiva partecipazione. Non credo che sia possibile spiegare in maniera soddisfacente le resistenze del mondo rurale limitandosi a chiamare in causa la mentalità contadina (così come no,n si possono capire i problemi della Francia impiegando nozioni vuote quali « lo spirito francese» o· « l'individualismo »). Come nel caso del piccolo commerciante, l'atteggiamento del contadino è legato alla sua insicurezza e a un sentimento di frustrazione e di ab1 bandono; e non è necessario essere p•sicologi per prevedere che la sua aggressività andrà accentuandosi se nessuna n1isura di soccorso permetterà (perché si tratta di questo) di rendere l'~ttività agricola pii.1 din·amica e più co,mpetitiva. Oltre cento anni dopo la classe operaia, oggi integrata, è la volta della classe contadina a trovarsi isolata. C·erto una parte di essa è già pronta a fare - e in pairte già fa -· il gioco della grande agricoltura capitalizzata (non capitalista, perché questo tipo di agricoltura si ritrova anche nei paesi comunisti) e razionale, in quanto non legata sentimentalmente a un terreno o a un patrimonio; un'altra frazione potrà proletarizzarsi di fatto (malgrado la finzio1 ne del titolo di proprietà) attraverso i contratti di produzione che la legheranno ai grandi complessi agricolo-industriali; i contadini più anziani i,nfine, i n1eno i•ntraprendenti e i più poveri diventeranno ancora più poveri se non riusciranno a trovare lavoro in città. Per quest'ultima parte del mondo· rurale non vi è un p·ro,blen1a di trasformazione delle mentalità, ma vi è soltanto il problema sociale della povertà di coloro che sono stati lasciati da parte dallo svilup,po, dal progre~so del consumo dei più. 34 Bibliotecaginobianco . .

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