Giornale a piz,t voci fermazione p·ossa essere tacciata di eccessiva generalizzazione e le si possa facilmente contrap.porre il tradizionalis1110· di certe regioni, rimane tuttavia il fatto che il problema fondamentale delle ca1npagne non è più un problema di mentalità, di resistenza al cambiamento: di rifiuto delle nuove fonti di informazione, di persistenza delle forze conservatrici. Ed è forse un'accusa in malafede, quella che riimprovera al mondo rurale di non volersi adattare. Tanto più che attraverso le st1e organizzazio•ni, esso aveva dato al governo! una fiducia e un'o1 bbediJenza simili a quelle concesse un tempo 1 ai nobili e al clero. In altri termini, malgrado la lo,ro. diversità e le lotte intern.e, qu[este organizzazioni hanno costituito per decine di anni uno strumento di con.formi• smo sociale e di lenta modernizzazione di tutto un settore dell'·economia e della popolazione. Alct1ni anni fa, tutto induceva a pensare che questa sovrastruttura organizzativa sarebbe diventata a poco a p,oco il meocani'Smo di trasmiss 1 ione di una volontà nazionale di sviluppo agricolo e rurale: essa comprende infatti non soltanto le stn1tture necessarie all'inquadramento dei produttori, ma anche i canali 1 di diffusione del credito come mezzo1 di orientamento degli investimenti e gli istituti di formazione e di animazio 1 ne. Certo non pochi di questi meccani,smi sono guasti, non poche clientele e mini~feudalità ostacolano il rinnova.mento e l'ardimento,. Soprattutto 1, il complesso è venuto a costare caro al paese. Le opzioni ldberali di questi ultimi tempi nel campo in,dus.triale e la relativa « depi'anificazione » ( o smant·ellamento, o rinuncia ad una relativa pianificazione) sembrano opporsi alla via .precedentemente tracciata e dunque alle istituziond. che sembravano doverla concretare. Si può inoltre pensare che un settore di pianificazione non p1 uò coesistere in una economia che è costretta a ri·avvicinarsi al liberalismo per diventare più dinamica anche nei setto 1 ri economici considerati fino a questo momento come i più vita.li. L'aver chiamato in cau,sa gli istituti di credito agricolo, l'istanza co1 n la qu.ale si denuncia il peso delle sovvenzioni, le critiche alle cooperative e i tentativi di renderle più dinamiche sottraendole in parte al contro-Ilo dei loro membri, tutti questi fattori fanno pen,sare a un décrochage p1 ro,gressivo del mondo rura.le. La riduzio11e degli effettivi rurali e quindi la diminuzione della loro influenza politica, le difficoltà d·ei sindacati agricoli, la debolezza delle op·posizioni politiche che potrebbero strumentalizzare lo scontento dei contadini e soprattutto la profonda indifferenza di tutta una società, concentrata ormai sulla città e i suoi problemi, tutti questi fattori indicano che è possibile modificare gli orientan1enti del mondo contadino. Ma venia,mo o•ra alla terza situazione: quella di un'agricoltura fondata sulla razionalità industriale. Il grande svilup:po di istituti di autoorganizzazione e di difesa del mondo rurale può essere considerato in sé come un segno della scarsa importanza cl1e il gra11de capitalismo gli attribuiva. Per diverse ragioni,· in un p1 aese come la Francia sembTava che ad ecceziojne di alcune regioni e di alcune colture, l'agricoltura non poteva essere cons.i,derata con gli stessi criteri di razio,nalità economica impiegati nel mondo industriiale (o nell'agricoltura co1 loniale di pianificazione). Un simile pregiudizio sta 33 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==