Nord e Sud - anno XVIII - n. 134 - febbraio 1971

Girolamo Cotroneo che possa esistere, fuori delle condizioni attuali, una forma di vita, un'organizzazione sociale che non limiti in alcun modo i diritti dell'individualità, che escluda qualsiasi momento alienante, qualsiasi forma repressiva. Sarebbe addirittura superfluo sottolineare quanto di utopico sia contenuto in tali presupposti. Ciò che invece ci interessa di questi atteggiamenti, verso i quali non riusciamo a condividere affatto gli entusiasmi di Revel e ai quali riconosciamo solo un certo aspetto positivo (di cui poi diremo), è la conferma che essi presentano di u11motivo tipico che ispira di solito i pensieri rivoluzionari, motivo che in questa nostra epoca riappare con notevole frequenza. Questo motivo è l'idea del mutamento come ritorno all'antico, la persuasione cioè che queste strutture sociali siano nate sovrapponendosi e disintegrando un modo di vita più sano e felice di cui occorrerebbe te11tare il recupero; e se questa for1na giunge al parossjsmo di marca rousseauiana, con la celebrazione del mito del « buon selvaggio » e dello « stato di natura » presso quelle fasce della gioventù statunitense tolte in considerazione da Revel, essa è ampiamente presente, sotto un diverso aspetto, anche nella cultura « ufficiale » contemporanea, dove di fronte alle insoddisfazioni per lo stato attuale, si sente spesso parlare di marxismo origi11ario da recuperare, o di Cristianesimo primitivo da fare rivivere e di tante altre simili antistoriche affermazioni che pretenderebbero di cancellare secoli di esperienze realmente vissute e di recuperare qualcosa che forse non è mai esistita e la cui originarietà è legata solo al fatto cro11ologico; e questo senza contare che qualunque recupero sarebbe in ogni caso « mediato » e che la « negazione della negazione » è sen1pre qualcosa di molto diverso rispetto all'affermazione originaria. In realtà le vere rivoluzioni si fanno guardando avanti e non indietro; e sopratt11tto si fanno salvando certe co11quiste la cui perdita non sarebbe ormai sopportabile per la coscienza contemporanea. Per queste ragioni ci pare che quella rivoluzio11e al di fuori di tutti gli schemi che tanto attrae Jean-François Re·vel, sia in fondo, almeno da questo punto di vista, più schematica e astratta delle altre, fondandosi sulla possibilità, appunto astratta, di un'esperienza culturale che riesca a costituirsi prescinde11do assolutamente da tutte le esperienze culturali finora viss11te. Ma chi può veramente credere che di tratti di una esperienza realizzabile e fruttuosa? Dove invece il discorso di Revel, pur non co11tenendo elementi di particolare novità, presenta comunque un certo interesse, è 26 Bi_biol tecaginqbianco

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