Nord e Sud - anno XVIII - n. 134 - febbraio 1971

Francesco Comp.agna schia certo di aggravarsi e perciò è necessario che strutture agricole e mercati agricoli si adegui,no all'industrializzazione crescente dei consumi alimentari. L'agrico,ltura deve, cioè, accelerare i tempi e qualificare i modi dell'industrializzazione di se stessa. Sono anni ormai che in Italia si parla di una strozzatura nella offerta agricola, troppo limitata riel tempo e qualitativamente non rispondente alle richieste dell'industria. Pertanto, se i produttori agricoli non dovessero riuscire a darsi nuove strutture imprenditoriali e a diventare essi stessi i protagonisti dei mercati alla pro·duzione, o, quanto me110, comprimari di rilievo su questi mercati alla produzione, sarebbe la stessa industria, con la sua forza e con interventi diretti, a risolvere la questione dell'adeguamento dell'offerta agricola alle sue proprie esigenze. Questo, però, comporterebbe appunto l'industrializzazione a senso unico; e allora sarebbe minima la quota di valore aggiunto della trasformazio,ne e commercializzazione dei prodotti agricoli aggiudicabili ai produttori agricoli. Il ritardo dell'agricoltura diventérebbe irrimediabile e lo stesso sviluppo dell'industria agricolo-alimentare risentirebbe prima o poi, e sensibilmente, di questo irrimediabile ritardo dell'agricoltura. A qu.esto punto, per chiudere, dobbiamo pure rispondere alla domanda fondamentale: che agricoltura è la 11ostra, qual'è il suo futuro? Noi ci avviamo verso 1.1na situazion.e nella quale 1'80% della produzione agricola avrà luogo su 6 milioni di ettari; nella quale, cioè, ai 4/5 della produzione corrisponderà 1/5 della superficie agraria. Se è vero qu.esto, e io credo che lo sia, il profilo della nostra agricoltura non potrà più somigliare a quello di Virgilio, dovrà necessariamente somigliare a quello di Mansholt. Io sono totalmente d'acco,rdo con Rossi da questo punto di vista, e certo non con Scardaccione. La nostra, insomma, è un'agricoltura cl1e r1on può imperniarsi più sulla tradizionale polarità contadina, ma deve trovare una dimensione nuova, articolazioni più differenziate, un assetto più moderno, imperniato, su una vera e propria polarità imprenditoriale: le officine verdi di Mansholt, se volete, comunque non il coriandolo di terra, non la mitizzata piccola proprietà contadina, che si vorrebbe autosufficiente, che non può diventare autosufficiente o non può più restare autosufficiente a lungo. Un'agricoltura moderna e competitiva non è una agricoltura di coltivatori diretti, nel senso ristretto della parola: è una agricoltura di imprenditori, possibilmente ed augurabilmente di coltivatori diretti che diventino imprenditori; e soprattutto un'agricoltura di coo1 perative. 106 Bi_bliotecagin(?bianco

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