Nord e Sud - anno XVIII - n. 134 - febbraio 1971

Industria e agricoltura 11ella proble1natica regionale agguerrite associazioni di produttori, che possano contrattare con l'industria i prezzi e la qualità delle produzioni. Invece, cioè, dei saltuari rapporti che si intrecciano alla fine dei raccolti e che sempre risentono dell'andamento delle quotazioni sul mercato dei prodotti frescl1i, si devono incentivare quelle forme di collaborazione stabile fra agricoltura e industria che si sono sviluppate con successo in altri paesi europei e negli Stati Uniti: mi pare che ne parlasse Rossi poco fa, in riferimento. appunto alle esperienze dell'agricoltura degli altri paesi europei. È 11ecessario, in altri termini, promuovere, anche con un'azione pubblica, accordi collettivi fra agricoltori ed imprese i11dustriali, per facilitare la diffusione di forme di integrazione parziale, la cui L1tilità è mi,surabile sulla base della esigenza di introdurre quote crescenti di capitali tecnici nell'agricoltura, anche al fine di regolamentare e garantire mercati di collocamento dei prodotti grezzi. Questi accordi collettivi, infatti, contribuiscono a bonificare i mercati di collocame11to dei prodotti grezzi e in taluni casi si potrebbe pensare anche di imitare l'esempio francese (e a questo proposito la vostra esperienza di cooperatori repubblicani dell'Emilia è certamente superiore alla mia). Si potrebbe cioè pensare ad un'integrazione di tipo ascendente, che parta da agricoltori riuniti in associazioni o in realtà miste, come appunto in Francia, con un sostanziale intervento pubblico, sia sul piano finanziario che su quello organizzativo. D'altra parte, l'ipotesi di un'industria alimentare gestita da produttori agricoli associati, urta contro un limite ben preciso, che magari, forse, si puo spostare. Qual'e questo limite? È quello tracciato dalla questione delle dimensioni aziendali. Quando anche noi riuscissimo a chiamare in vita, con l'azione pubblica, imprese industriali gestite dagli stessi produttori agricoli, resterebbe sempre il problema più spinoso: la commercializzazione dei prodotti trasformati. D'altra parte, questo problema così spinoso si pone, per queste imprese gestite direttamente dai produttori agricoli, negli stessi termini in cui il Progetto '80 lo pone per le piccole e medie imprese private. Si ·potrebbe allora pensare a società regio11ali, forse interregionali, con partecipazione pubblica, o cooperativa, capaci di assicurare un'efficace distribuzione dei prodotti trasformati e quindi di portare fino al tetto questo tipo di integrazione ascendente: il tetto che è dato appunto dalla comimercializzazione. È un tema da approfondire. Resta chiarito comunque che la prima linea difensiva degli ~gricoltorì passa attraverso la formazione delle associazioni di produttori di cui parlava Rossi. È anzitutto nel senso del rafforzamento di questa linea che può forse farsi valere con mag103 Bibiiotecaginobianco

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