Francesco Compagna Ma la verità è, miei cari amici, che non :mi preoccupa tanto il neocapitalismo, quanto il neo-colonialismo. Cosa inten,do? Non mi preoccupa che il grande capitale, magari straniero, scenda nel Mezzogiorno, dove potrebbe anche assolvere alle funzioni positive di cui ora dicevo, ma mi preoccupa l'eventualità che non scenda nel Mezzogiorno, perché investito fuori del Mezzogio·mo; e che il Mezzogiorno quindi sia considerato solo come grande area di produzione delle materie prime da trasformarsi industrialmente in altre regioni. In tal caso noi saremmo di fronte ad una situazio-ne dominata neocolonialisticamente, appunto, da grandi gruppi industriali operanti fuori e lo11tano dal Mezzo,giorno e che quindi trasferirebbero, co·me già trasferiscono, fuori e lontano dal Mezzogiorno il valore aggiunto della trasformazione e ,della distribuzione dei prodotti dell'agricoltura meridionale. Questi gruppi avrebbero quindi interesse a mantenere in un rapporto di soggezione (allora sì), la più progredita agricoltura -meridionale, invece di operare, come potrebbero, se insediate in loco, per il suo più equilibrato e più dinamico sviluppo. Altro che progetto Trieste! O progetto di Rivalta Scrivia! Si deve contrastare la tendenza temuta ed orientare, appunto, verso il Mezzogiorno, secondo la lettera del Progetto '80, il processo di industrializzazione su larga scala delle produzioni agricole, delle nuove produzioni agricole del Mezzogiorno consentite dai cospicui investimenti della Cassa. Per quanto riguarda in particolare la preoccupazione per il neo-colonialismo, si tratta di far sì che, per un verso, il valore aggiunto della trasformazione dei pro·dotti meri,dionali non emigri fuori del Mezzogiorno e che, per un altro verso, le cosiddette forze neocapitalistiche seguano nel Mezzogiorno modelli di comportamento non diversi da quelli che hanno dovuto seguire nei paesi e nelle regioni di provenienza. D'altra parte,. se è vero che questa iniziativa esogena, rispetto al Mezzogiorno, nel campo dell'industria alimentare può recare un suo contributo positivo alla mo1dernizzazione dei rapporti fra industria e agricoltura, anche laddove questi rapporti risultano più arcaici e più squilibrati, è anche vero che, ai fini di nuovi, più stabili, più avanzatj equilibri, è necessario avviare talune azioni pro.mozionali, come suol d_irsi, direttamente sul versante dell'agricoltura. Occorre in primo luogo seguire criteri rigorosamente selettivi, sia per l'identificazione delle aree più suscettibili di trasformazione culturale, sia per la scelta delle produzioni che abbiano migliori prospettive di mercato, quelle prospettive di mercato che sono già valutabili e saranno sempre piì1 valutabili anche, se non so·prattutto, sulla base d·ella domanda delle industrie di trasformazione. Occorre in pari tempo promuovere la formazione di 102 Bibiiotecaginobia·nco
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